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martedì 31 gennaio 2017

Un eroe degno del Tintin di carta


Su L’Express Hors Série n. 5 del dicembre 2009, dedicato a Hergé la vie secréte du pere de Tintin, c’è un articolo a firma di Alain De Kuyssche, giornalista e capo redattore del settimanale Spirou, intitolato Henri Dendoncker. Costui è il quattordicenne scelto dall’abate Wallez e da Hergé per impersonare Tintin che ritorna dal viaggio in Congo. Sullo spettacolo pubblicitario organizzato all’epoca dalla redazione de Le Petit Vingtiéme  abbiamo già detto nel precedente post Tintin in Congo, razzismo o leggerezza diHergé?. Quello che non sapevamo sul piccolo attore ce lo rivela questo articolo.


Henri Dendoncker, nato il 9 ottobre 1917, dopo aver interpretato il ruolo del più amato eroe belga di carta, nel 1940, dopo l’invasione nazista del Belgio, non esita un istante e si imbarca per la Gran Bretagna. A Londra interviene nelle operazioni di salvataggio dei londinesi sotto i bombardamenti della Luftwaffe. La sua audacia e le sua qualità altruistiche lo segnalano presso l’Intelligence Service britannico, che prontamente lo arruola. La sua preparazione dura almeno due anni. A lui sono affidate missioni ultrasegrete e pericolose sul continente europeo. È inviato in Belgio per stringere legami con la resistenza locale. Verosimilmente gli sono state affidate anche missioni più pericolose.
De Kuyssche riporta anche che nel sito National Archives dei servizi segreti britannici alla voce Henri Dendoncker si legge che il suo dossier è stato secretato per 70 anni. Quali missioni gli sono state affidate?


Nel 1953, la sorella di Henri scrive a Hergé dicendogli che il fratello fu denunciato e arrestato dalla Gestapo. Interrogato e torturato, non parlò e fu inviato nel lager di Buchenwald, dove riuscì a sopravvivere grazie alla sua forza di volontà. Rientrato in Inghilterra ottenne la nazionalità britannica cambiando il cognome Dendoncker, che in fiammingo significa “oscuro”, in Dark, dal medesimo significato, e ivi si è sposato. Per i suoi meriti bellici ha ottenuto da Sua Maestà la Regina una medaglia al valore.
Di lui non si è saputo più niente perché, scrive De Kuyssche, come ogni vero eroe, Henri Dark non ha mai detto niente sul suo passato!

Fra quelli che hanno impersonato Tintin in varie occasioni nel corso dei decenni, il reporter con il ciuffo non avrebbe potuto essere più degnamente interpretato.

lunedì 30 gennaio 2017

Vetrina del 30 gennaio 2017


Uscite della settimana (aggiornamento del 3 febbraio 2017)
(I titoli in verde sono inediti in Italia)
Costo totale delle novità della settimana: 77,04


Collana Avventura 58, I Fumetti de La Gazzetta Dello Sport - € 3,99


Bob Morane (Bob Morane, Dargaud)
di Henri Vernes (t) e William Vance (d)
26 - La maledizione del Rospo (L'empreinte du crapaud, 1979)
27 - L’imperatore di Macao (L'empereur de Macao, 1980)


Lucky Luke Gold Edition 76, I Fumetti de La Gazzetta Dello Sport - € 5,99


Lucky Luke (Le aventures de Lucky Luke, Lucky Comics)
di Laurent Gerra (t) e Achdé (t/d)
6 - Gli zietti Dalton (Les tontons Dalton, 2014)


Tintin 6, I Fumetti de La Gazzetta Dello Sport - € 7,99


Tintin (Tintin, Casterman)
di Hergé (t/d)
6 - L'orecchio spezzato (L'oreille cassée, 1937)


Thorgal 36, I Fumetti de La Gazzetta Dello Sport - € 2,99


Thorgal (Thorgal, Le Lombard)
di Yves Sente (t) e Grzegorz Rosinski (d)
31 - Lo scudo di Thor (Le Bouclier de Thor, 2008)


Historica 52, Mondadori Comics - € 12,99


Il fronte orientale (L'armée de l'ombre, Paquet)
di Olivier Speltens (t/d)
3 - $Eravamo uomini (Nous étions des hommes, 2016)
3 - Terra bruciata (Terre brûlée, 2015)


Collana Fantastica 29, Mondadori Comics - € 14,99


I maestri inquisitori (Les maîtres inquisiteurs, Soleil)
di Sylvain Cordurié (t) e Jean-Charles Poupard (d)
5 - Aronn (Aronn, 2016)
di Jean-Luc Istin (t) e Stefano Martino (d)
6 - Aronn (À la lumière du chaos, 2017)


Giornalino 5, Periodici San Paolo - € 2,30

Kid Lucky (Kid Lucky, Lucky Productions)
di Achdé (t/d)
4 - tavola (Lasso périlleux)

Cedric (Cédric, Dupuis)
di Raoul Cauvin (t) e Laudec (d)
20 - Storia breve (J'ai fini !, 2005)


Serie rossa 52, Editoriale Cosmo - € 5,00


Antartico (Antarctica, Glénat)
di Jean-Claude Bartoll (t) e Bernard Köllé (d)
1 -  (Jeu de dupes, 2014)
2 -  (Hivernage, 2015)
3 -  (908 Sud, 2016)


AureaComix Linea BD 15, Editoriale Aurea - € 9,90


Barracuda (Barracuda, Dargaud)
di Jean Dufaux (t) e Jérémy (d)
5 - Cannibali (Cannibales, 2015)


Lanciostory 2182, Editoriale Aurea - € 3,00


Duke (Duke, Le Lombard)
di Yves H. (t) e Hermann (d)
1 - (Fango e sangue) (La boue et le sang, 2017) 3a parte

L'uomo nero (Le croquemitaine, Dupuis)
di Denis-Pierre Filippi (t) e Fabrice Lebeault (d)
1 - (Secondo volume) (Tome 2, 2004) 3a parte

Aria (Aria, Le Lombard)
di Michel Weyland (t/d)
9 - Il combattimento delle dame (Le Combat des dames, 1987) 3a parte


Skorpio 2083, Editoriale Aurea - € 3,00


Bagdad Inc. (Bagdad Inc., Le Lombard)
di Stephen Desberg (t) e Thomas Legrain (d)
1a parte (2015)

L'ultima frontiera (Ultime frontière, Dargaud)
di Leo (t) e Icar (d)
3 - 3 (Épisode 3, 2016) 3a parte

Barracuda (Barracuda, Dargaud)
di Jean Dufaux (t) e Jérémy (d)
6 - Liberazione (Délivrance, 2016)

Lady S. (Lady S., Dupuis)
di Philippe Aymond (t/d)
12 - Rapporto di forze (Rapport de forces, 2015) 2a parte


Lanciostory Maxi 19, Editoriale Aurea - € 4,90


Jessica Blandy (Jessica Blandy, Dupuis)
di Jean Dufaux (t) e Renaud (d)
1 -  (Souviens-toi d'Enola Gay…, 1987)



Ancora in edicola


Asterix 8, Panini Comics - € 4,50

Asterix (Asterix, Dargaud)
di René Goscinny (t) e Albert Uderzo (d)
8 - Asterix e i Britanni (Astérix chez les Bretons, 1966)


Serie gialla 52, Editoriale Cosmo - € 5,90

La linea del fronte (Lignes de front, Delcourt)
di Jean-Pierre Pécau (t) e Dejan Nenadov (d)
8 - Inferno bianco su Leningrado (Enfer blanc sur Leningrad, 2015)
di Jean-Pierre Pécau (t) e Brada (d)
9 - La Divisione Leclerc (Division Leclerc, 2016)
di Jean-Pierre Pécau (t) e Benoît Debillac (d)
10 - L'ultima battaglia (Derniers combats, 2016)


Serie verde 41, Editoriale Cosmo - € 5,50

Mjollnir (Mjöllnir, Soleil)
di Olivier Peru (t) e Pierre-Denis Goux (d)
1 - Il martello e l'incudine (Le Marteau et l'Enclume, 2013)
2 - Ragnarok (Ragnarök, 2013)
3 - Un mondo senza dei (Un monde sans Dieux, 2016)


Serie arancione 13, Editoriale Cosmo - € 5,50

Sette (Sept, Delcourt)
di Pascal Bertho (t) e Tim McBurnie (d)
3 - Sette pirati (Sept pirates, 2007)
di Alain Ayroles (t) e Luigi Critone (d)
4 - Sette missionari (Sept missionnaires, 2008)

venerdì 27 gennaio 2017

Blueberry Noir et Blanc


La bédé western più acclamata oggi è probabilmente Blueberry. Non si tratta di un apprezzamento dei soli esperti e dei critici ma anche di un grande successo commerciale anche nel nostro paese. Le ristampe sono state numerose a partire dalla primissima apparizione nei Classici Audacia negli anni 60 fino alla recente integrale nella collana western della Gazzetta dello Sport. Oltralpe in questo momento sono in corso due diverse riedizioni della saga di Jean-Michel Charlier e Jean Giraud: un’integrale (di cui parleremo in seguito) e un’edizione in bianco e nero.




Davvero imperdibile questa Edition Noir et Blanc che, brossurata e in grande formato (30 x 40 cm),  presenta un episodio per volta, con nuove riproduzioni fatte a partire dalle tavole originali. In questo modo è possibile ammirare ogni finezza del bel segno di Giraud, comprese le correzioni e le sfumature di grigio.




Un ulteriore merito di questa proposta è il prezzo decisamente economico (19,99 euro) per un’edizione paragonabile, rilegatura esclusa, alle ben più costose tirature limitate nelle quali di solito sono presentate le tavole originali.





Per il momento sono stati pubblicati quattro volumi, a partire dal ventiquattresimo episodio, Mister Blueberry, il primo interamente sceneggiato da Jean Giraud dopo la scomparsa di Jean-Michel Charlier, seguito da Ombres sur Tombstone, Geronimo l'Apache e OK Corral. Di quest'ultimo mostriamo le prime tavole a confronto con la versione album a colori.











Il successivo episodio, Dust, farà parte del prossimo lotto che dovrebbe uscire alla fine dell’anno, sempre che sia mantenuta l’attuale programmazione di due titoli l’anno.
Da segnalare che in Ok Corral sono anche presentate, alla fine del volume, le prime quattro tavole scartate dall’autore quando, giunto a quel punto, decise di cambiare la sceneggiatura e di riprendere la storia dall’inizio, ridisegnandola da capo. Queste pagine non sono mai apparse in nessuna edizione italiana, in francese solo in occasione di un’edizione de luxe a tiratura limitata a 600 esemplari pubblicata nel 2003.


mercoledì 25 gennaio 2017

Tintin in Congo, razzismo o leggerezza di Hergé?


Tintin in Congo, la seconda avventura di Tintin, è stata da poco pubblicata nella collana della Gazzetta dello Sport, realizzata in collaborazione con Rizzoli Lizard. Fra le ventiquattro storie del reporter con il ciuffo create da Hergé, quella africana è la più popolare dopo Tintin in America, con più di 10 milioni di copie vendute. Pur essendo, forse, la più insulsa, ha influenzato molto gli autori africani di bédé, zairesi soprattutto, ma anche scatenato le maggiori critiche. Il motivo è semplice, il racconto e il suo autore sono stati accusati di razzismo, rei di ridicolizzare il popolo africano. Un problema serio, dunque, che fa il paio con le ricorrenti accuse rivolte all’autore per un presunto collaborazionismo con i nazisti durante l’occupazione del Belgio.



Nel 1930, dopo il primo episodio che si svolge nella Russia sovietica, Hergé vorrebbe ambientare la storia successiva in America fra i Pellirosse ma l’abate Norbert Wallez, suo datore di lavoro, è contrario perché vuole mostrare positivamente l’operato dei missionari cattolici nel Congo belga in modo da favorire nuove vocazioni che contribuiscano a evangelizzare popoli legati ancora all’animismo, o almeno da incoraggiare una vocazione coloniale nei giovani lettori. L’autore è costretto a desistere e, controvoglia, invia Tintin e Milou nella colonia belga. Tale imposizione rende, forse, il racconto il meno avvincente e convincente fra quelli ideati dall’autore, soprattutto nella successiva versione a colori.


Tintin in Congo fa parte, dunque, del primo periodo delle opere di Hergé, con trame ingenue e disegni ancora pupazzettistici, con un Tintin disegnato ancora senza bocca e con una descrizione caricaturale del paese e dei suoi abitanti, secondo i canoni dell’idea colonialista che gli europei avevano all’epoca sul continente africano e sulle sue popolazioni.


La supremazia della civiltà dell’uomo bianco su quella africana in generale, con i bianchi in veste paternalistica di maestri, che, investiti da una missione civilizzatrice divina, dovevano aiutare i “poveri negri” ad abbandonare il proprio modo di vita ultrasecolare per accettare quello europeo, estraneo alla loro cultura, anche se imposto non sempre con metodi pacifici. Il tutto per sottometterli e sfruttare le ricchezze delle loro terre.


In effetti il racconto di 110 pagine in bianco e nero, pubblicato dal giugno 1930 al giugno 1931 su Le Petit Vingtiéme, presenta Tintin nelle vesti del bianco paternalista, salvatore dei neri, tutti disegnati da Hergé alla stessa maniera, indistinguibili gli uni dagli altri, con labbra grosse, esageratamente sempliciotti, a volte anche pavidi o indolenti.



Sono vestiti in maniera buffa, a metà fra il selvaggio e l’occidentale come si evidenzia nelle foto dei congolesi dell’epoca, e parlanti in “negrese”.


L’abate Wallez ricorre a tutti i mezzi per sostenere la sua rivista, per cui, sfruttando l’esperienza di Hergé nel campo della grafica pubblicitaria, utilizza il personaggio simbolo per fare pubblicità ai grandi magazzini bruxellesi Au Bon Marché, come nella copertina in cui è scritto che Tintin, prima di partire per il Congo, è passato in quel magazzino per acquistare l’equipaggiamento!


Il successo ottenuto anche da questa avventura spinge Wallez a ripetere quanto fatto un anno prima con Tintin au pays de Soviets:


il 9 luglio 1931 pubblica la storia in un volume cartonato, intitolato Le aventures de Tintin  reporter du “Petit Vingtiéme” au Congo.


E per incrementarne le vendite organizza un’operazione commerciale: fa uscire un supplemento speciale in cui invita i lettori a recarsi nel pomeriggio presso la Gare de Bruxelles-Nord, per incontrare il reporter in carne e ossa, che rientra dal Congo.


E dalla stazione i giovani convenuti vedono uscire Tintin con Milou scortato da figuranti di colore, seguiti da due ragazzi che impersonano Quick e Flupke, gli altri due personaggi creati da Hergé.




Poi, dal balcone centrale dell’edificio del Vingtiéme Siécle, sito in boulevard Bischoffsheim 11, Tintin, impersonato dal giovane Henri Dendoncker, vestito con sahariana e casco coloniale, con a fianco l’autore, saluta la folla di giovani accorsa per vederlo. Così Tintin entra nella leggenda! Il successo di vendite permette a Hergé di firmare un contratto più sostanzioso con il quotidiano di Wallez.


 Nel 1934, Louis Casterman di Tournai diviene il nuovo editore delle storie di Tintin, per cui il volume esce nel 1937 in versione identica alla precedente, con una nuova immagine in copertina, con l’aggiunta di illustrazioni fuori testo e la soppressione di qualsiasi riferimento al periodico di Wallez.




Nel 1946, Hergé, aiutato da Edgar P. Jacobs e da Alice Devos, ridisegna completamente l’episodio, riadattandolo in 62 pagine a colori: le tre strisce per pagina pubblicate sul Petit Vingtiéme sono portate a quattro.



La nuova versione, ridisegnata nello stile grafico della Linea Chiara, perde quell’aspetto datato che caratterizzava la prima versione in bianco e nero, mantenendo però le trovate e le gag. I testi sono riscritti eliminando ogni accenno alla colonizzazione belga, censurando frasi in odore di razzismo per attenuare l’atmosfera colonialista della precedente versione.
Anche i dialoghi degli africani in un francese elementare sono riscritti acquistando nettamente in chiarezza. In tal modo l’episodio può essere pubblicato da Casterman nella sua collana di volumi cartonati.



C’è, però, un anacronismo nella nuova versione, la presenza nella prima vignetta dei due poliziotti Dupond e Dupont, che invece appaiono per la prima volta nel quarto episodio. Si tratta di un espediente di Hergé per permettere la lettura anche degli episodi precedenti a quando inizia a creare un universo di personaggi che affiancheranno il reporter, senza rispettare la cronologia! Nella medesima vignetta, tra gli altri, sono ritratti anche Hergé, Jacobs e Jacques Van Melkebeke, i tre moschettieri artefici della rinascita di Tintin e della nascita dell’omonimo settimanale.


Nonostante le correzioni apportate dall’autore, in quegli anni di decolonizzazione africana e di indipendenza di molte nazioni, fra cui il medesimo Congo, le accuse di veicolare pregiudizi razzisti inducono l’editore Casterman a non ristampare più il volume per non contrariare gli africani.


Curiosamente sono gli stessi congolesi che lo riportano in vita, pubblicandolo nel 1969 sulla rivista Zaïre. Però con un avvertimento per i lettori, che quello descritto da Hergé è il Congo de papa, anzi del Grand papa, cioè del nonno, un modo per dire che si tratta di una descrizione fantastica e antiquata di un paese che non esiste più! Per il giornalista congolese il Congo è una sorta di paradiso terrestre, l’Eden tanto agognato dall’uomo bianco, dove si riscopre l’umanità fraterna, soprattutto nelle sue genti. I buoni sono i congolesi e i cattivi sono i bianchi, pur con l’eccezione del generoso Tintin.


Il redattore di Zaïre afferma che i bianchi che hanno bloccato la pubblicazione di Tintin au Congo non hanno capito una cosa fondamentale: se la storia fa sorridere un lettore bianco, essa fa ridere di più i congolesi quando scoprono come erano visti i propri antenati dai bianchi, e conclude affermando che sarebbe ingiusto condannare questa rappresentazione del loro paese, verso cui l’eroe di carta dimostra, tutto sommato, molta tenerezza. Tale interpretazione stupisce molto Hergé e spinge Casterman a ristampare il volume nel 1970.


In molti paesi europei, sensibili sull’argomento coloniale in quanto colonialisti nel passato, il volume ha scatenato diatribe sull’opportunità o meno di rimettere in circolazione il racconto.
L’autore, da parte sua, ha fatto più volte un mea culpa, definendo il racconto un peccato di gioventù, senza pretese, disegnato con molta incoscienza e senza alcun sottofondo razzista, una fantasia dettata da ignoranza sull’argomento. Ha sempre aggiunto di essere consapevole del problema sollevato e che, ovviamente, da adulto lo avrebbe rifatto in maniera completamente diversa.
Il racconto rimane in sordina fino al 2007 quando il mondo anglo-sassone riscopre l’universo di Hergé sull’onda dell’interesse dimostrato dal regista Steven Spielberg per Tintin.


E mentre alcuni lo demonizzano, altri lo difendono, fra questi il disegnatore di fumetti congolese Barly Baruti che, nel 1980, incontra l’autore belga per uno stage di introduzione alla Linea Chiara. La Commissione britannica per l’uguaglianza razziale taccia l’opera di razzismo e per precauzione, in Inghilterra, Australia e Nuova Zelanda è classificata per adulti. Negli USA in alcune biblioteche il volume è ritirato dagli scaffali, mentre il Sudafrica obbliga l’editore ad aggiungere una fascetta rossa sulla copertina per avvertire i lettori che il racconto è stato scritto negli anni Trenta secondo gli stereotipi paternalisti e borghesi dell’epoca, ma che in fondo si tratta di un racconto divertente e nulla più.



Sono prese di mira anche le scene violente in cui gli animali della savana congolese sono “sterminati” dal reporter, soprattutto laddove fa una strage di gazzelle e distrugge un rinoceronte con la dinamite, scena, quest’ultima, eliminata, poi, nel 1975 da Hergé su pressione di Bonnier Carlsen, editore svedese di Tintin.
Ma con lo stesso metro di giudizio andrebbero vietati l’Uomo Mascherato (The Phantom) di Lee Falk e Ray Moore, il famoso giustiziere in costume, antenato dei supereroi, che dal 1936 amministra la giustizia in un Africa di fantasia e il celeberrimo Tarzan di Edgar Rice Bourroughs!


Nel 2010, per le Éditions Moulinsart, Daniel Couvreur scrive Tintin au Congo de papa, un pamphlet sul controverso racconto e sulle conseguenti diatribe scatenate dalla sua pubblicazione.
Prima di esprimere giudizi da parte nostra, però, sarebbe meglio riflettere un momento sui tempi e sull’autore, un giovane belga di 23 anni, cresciuto negli Anni Venti nell’ambiente dei boy scout cattolici di un paese colonialista, che non ha viaggiato e che deve descrivere un paese lontano migliaia di miglia dal suo e di cui non sa niente. Le uniche informazioni disponibili per lui sono quelle reperibili su riviste, su resoconti di viaggi, spesso non veritieri, su documenti propagandistici o ricavate da visite al Musée Royal de l’Afrique Central a Tervueren, a pochi km da Bruxelles. In più, all’epoca è imperante la concezione sull’uomo bianco portatore di civiltà ai popoli colonizzati.



Sull’interessante testo redazionale che accompagna il volume della Gazzetta sono riportati esempi di racconti disegnati da altri autori coevi che rappresentavano gli africani nella medesima ottica caricaturale, e quindi, perché Hergé avrebbe dovuto discostarsi da quella tendenza? Quale descrizione alternativa di quel paese sconosciuto e dei suoi abitanti poteva proporre?
Considerato offensivo da molti africani, il racconto è arrivato anche nelle aule giudiziarie, con sentenze, come quella del 2007 della Corte di Stoccolma, che ha rigettato la denuncia di uno svedese di origine congolese, sostenuto dall’Associazione degli Afro-svedesi, contro l’editore Carlsen






o quella della Corte di Appello di Bruxelles, gentilmente inviataci dall’amico Francesco Lentano, cultore dell’argomento “la giustizia nei fumetti” e autore del saggio Giustizia a strisce (2015). Nel 2010, infatti, Bienvenue Mbutu Mondondo, uno studente congolese di scienze politiche a Bruxelles, ha chiesto il ritiro dal commercio del volume Tintin au Congo e il pagamento delle spese giudiziarie alle Éditions Casterman e alla Moulinsart S.A.. La Corte di Appello di Bruxelles, saggiamente e anche un poco campanilisticamente, data l’alta considerazione che si ha in Belgio per il personaggio e per il suo autore, nel 2012 ha rigettato la richiesta del signor Mbutu Mondondo, obbligandolo a pagare 110 euro a Casterman e Moulinsart.


Ha ragione Benoit Peters, biografo di Hergé, quando sostiene che Tintin au Congo, avendo una dimensione più paternalistica che razzista, non può essere separato dal passato coloniale degli Anni Trenta e dalla propaganda dell’epoca, che era molto più dura di questo fumetto.
Roger Bongos, un giornalista congolese che vive a Parigi, sostiene che il racconto di Hergé fa parte ormai dell’immaginario del suo paese, perché aiuta a ricordare la loro storia sotto il colonialismo e anche se il racconto è discriminante per il suo popolo, ammette che però l’autore non è razzista

Forse, una soluzione corretta e rispettosa per il popolo africano sarebbe quella di inserire prima del fumetto un breve testo esplicativo che lo contestualizzi, spiegando ai lettori poco esperti in storia che si tratta di un racconto comico, disegnato in un momento particolare della storia congolese, da un autore cresciuto nella nazione europea che in quel momento stava colonizzando il Congo e che quindi rispecchia il modo, sicuramente errato, in cui gli europei immaginavano che fossero gli africani. Questo non sminuirebbe affatto l’importanza o l’integrità del lavoro di Hergé, anzi aiuterebbe a inquadrare meglio il racconto.