François Craenhals è una delle colonne portanti della BD belga. Quando
entra nella redazione di Tintin
disegna le serie per giovani lettori Rémy
et Ghislaine (1951) e Pom et Teddy (1953), ma
il suo più celebre personaggio è Chevalier Ardent, pubblicato dal 1966 al 2001.
Crahenals vuole disegnare una serie cavalleresca che propone alla redazione di
Tintin, rifiutata in quanto troppo simile come soggetto a quella di Pom et Teddy. Motivo per cui l’autore
stravolge sia il soggetto e che la propria grafia, abbandonando, per esempio,
il pennello per il pennino.
Chevalier Ardent è
un personaggio un poco fuori le righe dai canoni imposti dalla politica
editoriale del settimanale di Leblanc. Infatti non è il classico adolescente, puro,
asettico, intrepido e protettore dei deboli tipo Tintin, Corentin, Alix e
altri similari perché
lui ha un caratterino orgoglioso e irascibile che prende “fuoco” subito nel non
sentirsi preso sul serio dagli altri o di fronte alle ingiustizie perpetrate su
di sé e sugli altri, da cui il soprannome Ardent!
Ed è sufficiente leggere il primo episodio per notare i termini usati
dall’autore quando si riferisce al giovane aspirante cavaliere per focalizzare l’attenzione
sul suo carattere focoso: “Quel ragazzo
ha indiscutibilmente coraggio. Il giovincello si lancia con un selvaggio ardore.
Allorquando il tumultuoso giovane uomo si è calmato…Si lancia come un pazzo
verso le scuderie. Accecato dal furore dirige il cavallo davanti a sé.”
E poi
ogni volta che si vede contrastato il giovane alza la voce in continuazione,
come si rileva dall’uso del grassetto nel lettering nelle nuvolette.
Dal
secondo episodio in poi, però, questa impostazione cambia leggermente, il
personaggio diviene più riflessivo, ancorché preda di scatti d’ira, e cambia
anche nella struttura fisica, divenendo un giovane più adulto, più muscoloso.
Di
questo fuoco ne risente anche l’opera dell’autore, fino ad allora pacata con gli
altri suoi personaggi in linea con la politica editoriale hergeiana. Con Chevalier Ardent, invece, anche l’autore esce da
un certo immobilismo strutturale e grafico, come riferisce in un articolo su
Tintin n.1066 (1969): «mi realizzo
tramite Ardent, vivo quasi fisicamente le sue avventure che disegno». Chevalier Ardent, rappresenta perfettamente l’esagerazione
del movimento e dell’agitata violenza che scuotono gli animi giovanili. E quale
epoca migliore del Medioevo per un simile impetuoso personaggio? Non
dimentichiamoci che siamo negli anni Sessanta, quelli della contestazione
giovanile e del Maggio francese e il personaggio, a suo modo, ne incarna un
poco lo spirito.
La
saga si svolge in un reame immaginario governato da un re Artù fittizio, che
nulla ha da spartire con il protagonista del ciclo bretone. Roland, figlio di Éleuthère de Walburge,
questo il vero nome di Chevalier Ardent, è un giovane
che diviene vassallo del re (come il Prince Valiant di Hal Foster), innamorato della
principessina Gwendoline, affascinante figlia del sovrano, il quale non perde
occasione per contrariare il giovane allontanandolo per punizione dalla corte determinando
i suoi scatti d’ira. L’escamotage consente all’autore di inviare Roland da un’avventura all’altra, dalle
pianure irlandesi ai deserti medio-orientali, dal reame di Kiev all’India
esotica.
Dopo
la conquista del regno di Rougecogne, per conto di Artù, nel secondo episodio, il
giovane ne diviene il signore, salvo poi esserne espropriato del titolo dal
medesimo sovrano quando il suo comportamento non è consono alle regole della
corte.
Chiaramente
nelle storie narrate da Crahenals si
possono riscontrare gli ingredienti tradizionali del romanzo cavalleresco: la
storia di cavalleria, i castelli fortificati e inaccessibili con sovrani fieri,
villaggi campagnoli primitivi con paesani lavoratori, cavalieri coraggiosi e
briganti volgari, senza dimenticare atti eroici, intrighi di corte, damigelle
in pericolo, maghi, duelli con gli spadoni e amori cortesi, tornei e feste, in
ambientazioni accurate ma non sempre veritiere. Anzi per chi è esperto di
uniformologia e di costumi medievali è possibile riscontrare qualche
inesattezza, di cui però il lettore, affascinato dalla trama e dai disegni, non
si accorge.
Forse
il suo Medioevo sembra più adatto a un racconto western e probabilmente tale
tipo di narrazione scadrebbe nello stereotipo se l’autore, narratore romantico
che mette l’accento sull’avventura e sui sentimenti dei personaggi, non riuscisse
a infondere una grande dose di umanità nella descrizione dei personaggi e delle
situazioni.
Di Craenhals sono ricordate anche le opere
umoristiche, altro genere in cui eccelle, fra cui Primus et Musette, striscia
quotidiana pubblicata su Le Libre Belgique alla fine degli anni ‘50,
e P’tit Dab,
un personaggio molto moderno e fortemente politicizzato che non ha avuto un
seguito,
e Les Quatre As (1964, da non confondere con Les As di
Tibet e Mittéi) su testi di Georges
Chaulet, parzialmente pubblicati
sul settimanale Le Patriote Illustré e
poi in volumi dalla Casterman.
Anzi
prima dell’era di À Suivre! i volumi
di Chevalier Ardent
e dei Quatre As sono stati per anni gli unici presenti nei cataloghi Casterman insieme ai personaggi di Hergé, Martin, De Moor e Derib.
Nella
prima edizione in copertina, sulla colonna di sinistra, c’è un breve riassunto
dell’episodio, una cosa inusitata per i volumi franco-belgi.
Di Chevalier Ardent sono
usciti 20 episodi, di cui solo i primi tre tradotti sul Corriere dei Piccoli negli anni 1969-1970, più molti racconti brevi
di cui solo alcuni tradotti. In effetti le storie create da Craenhals sono appassionanti, scorrono
fluide e si leggono con piacere per cui meriterebbero una traduzione integrale.
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