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mercoledì 26 ottobre 2016

Il medioevo di Chevalier Ardent


François Craenhals è una delle colonne portanti della BD belga. Quando entra nella redazione di Tintin disegna le serie per giovani lettori Rémy et Ghislaine (1951) e Pom et Teddy (1953), ma il suo più celebre personaggio è Chevalier Ardent, pubblicato dal 1966 al 2001.


Crahenals vuole disegnare una serie cavalleresca che propone alla redazione di Tintin, rifiutata in quanto troppo simile come soggetto a quella di Pom et Teddy. Motivo per cui l’autore stravolge sia il soggetto e che la propria grafia, abbandonando, per esempio, il pennello per il pennino. 


Chevalier Ardent è un personaggio un poco fuori le righe dai canoni imposti dalla politica editoriale del settimanale di Leblanc. Infatti non è il classico adolescente, puro, asettico, intrepido e protettore dei deboli tipo Tintin, Corentin, Alix e altri similari perché lui ha un caratterino orgoglioso e irascibile che prende “fuoco” subito nel non sentirsi preso sul serio dagli altri o di fronte alle ingiustizie perpetrate su di sé e sugli altri, da cui il soprannome Ardent!


Ed è sufficiente leggere il primo episodio per notare i termini usati dall’autore quando si riferisce al giovane aspirante cavaliere per focalizzare l’attenzione sul suo carattere focoso: “Quel ragazzo ha indiscutibilmente coraggio. Il giovincello si lancia con un selvaggio ardore. Allorquando il tumultuoso giovane uomo si è calmato…Si lancia come un pazzo verso le scuderie. Accecato dal furore dirige il cavallo davanti a sé.


E poi ogni volta che si vede contrastato il giovane alza la voce in continuazione, come si rileva dall’uso del grassetto nel lettering nelle nuvolette.


Dal secondo episodio in poi, però, questa impostazione cambia leggermente, il personaggio diviene più riflessivo, ancorché preda di scatti d’ira, e cambia anche nella struttura fisica, divenendo un giovane più adulto, più muscoloso.


Di questo fuoco ne risente anche l’opera dell’autore, fino ad allora pacata con gli altri suoi personaggi in linea con la politica editoriale hergeiana. Con Chevalier Ardent, invece, anche l’autore esce da un certo immobilismo strutturale e grafico, come riferisce in un articolo su Tintin n.1066 (1969): «mi realizzo tramite Ardent, vivo quasi fisicamente le sue avventure che disegno». Chevalier Ardent, rappresenta perfettamente l’esagerazione del movimento e dell’agitata violenza che scuotono gli animi giovanili. E quale epoca migliore del Medioevo per un simile impetuoso personaggio? Non dimentichiamoci che siamo negli anni Sessanta, quelli della contestazione giovanile e del Maggio francese e il personaggio, a suo modo, ne incarna un poco lo spirito.


La saga si svolge in un reame immaginario governato da un re Artù fittizio, che nulla ha da spartire con il protagonista del ciclo bretone. Roland, figlio di Éleuthère de Walburge, questo il vero nome di Chevalier Ardent, è un giovane che diviene vassallo del re (come il Prince Valiant di Hal Foster), innamorato della principessina Gwendoline, affascinante figlia del sovrano, il quale non perde occasione per contrariare il giovane allontanandolo per punizione dalla corte determinando i suoi scatti d’ira. L’escamotage consente all’autore di inviare Roland da un’avventura all’altra, dalle pianure irlandesi ai deserti medio-orientali, dal reame di Kiev all’India esotica.



Dopo la conquista del regno di Rougecogne, per conto di Artù, nel secondo episodio, il giovane ne diviene il signore, salvo poi esserne espropriato del titolo dal medesimo sovrano quando il suo comportamento non è consono alle regole della corte.


Chiaramente nelle storie narrate da Crahenals si possono riscontrare gli ingredienti tradizionali del romanzo cavalleresco: la storia di cavalleria, i castelli fortificati e inaccessibili con sovrani fieri, villaggi campagnoli primitivi con paesani lavoratori, cavalieri coraggiosi e briganti volgari, senza dimenticare atti eroici, intrighi di corte, damigelle in pericolo, maghi, duelli con gli spadoni e amori cortesi, tornei e feste, in ambientazioni accurate ma non sempre veritiere. Anzi per chi è esperto di uniformologia e di costumi medievali è possibile riscontrare qualche inesattezza, di cui però il lettore, affascinato dalla trama e dai disegni, non si accorge.


Forse il suo Medioevo sembra più adatto a un racconto western e probabilmente tale tipo di narrazione scadrebbe nello stereotipo se l’autore, narratore romantico che mette l’accento sull’avventura e sui sentimenti dei personaggi, non riuscisse a infondere una grande dose di umanità nella descrizione dei personaggi e delle situazioni.


Di Craenhals sono ricordate anche le opere umoristiche, altro genere in cui eccelle, fra cui Primus et Musette, striscia quotidiana pubblicata su Le Libre Belgique alla fine degli anni ‘50,



e P’tit Dab, un personaggio molto moderno e fortemente politicizzato che non ha avuto un seguito,


e Les Quatre As (1964, da non confondere con Les As di Tibet e Mittéi) su testi di Georges Chaulet, parzialmente pubblicati sul settimanale Le Patriote Illustré  e poi in volumi dalla Casterman.



Anzi prima dell’era di À Suivre! i volumi di Chevalier Ardent e dei Quatre As sono stati per anni gli unici presenti nei cataloghi Casterman insieme ai personaggi di Hergé, Martin, De Moor e Derib.


Nella prima edizione in copertina, sulla colonna di sinistra, c’è un breve riassunto dell’episodio, una cosa inusitata per i volumi franco-belgi.



Di Chevalier Ardent sono usciti 20 episodi, di cui solo i primi tre tradotti sul Corriere dei Piccoli negli anni 1969-1970, più molti racconti brevi di cui solo alcuni tradotti. In effetti le storie create da Craenhals sono appassionanti, scorrono fluide e si leggono con piacere per cui meriterebbero una traduzione integrale.



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