A tutt’oggi Il
Granchio d’Oro, nono episodio di Tintin, risulta quello più adattato al cinema e in
televisione, due volte in entrambi i casi, a testimonianza della validità della
trama.
Con la regolarità di
un orologio, il 17 agosto 1939, una settimana dopo la fine dello Scettro
d’Ottokar, su Le Petit
Vingtiéme appare l’avviso che la settimana successiva sarebbero ritornate
le avventure di Tintin.
Il 28 settembre 1939 inizia infatti Tintin au pays de
l’Or Noir, in cui Hergé
prolunga la sua riflessione politica iniziata nel 1929. Dopo i sovietici, i narcotrafficanti,
i mercanti di cannoni, i falsari e lo spionaggio, l’attenzione si focalizza
sulla guerra del petrolio. Purtroppo l’avventura è interrotta per colpa della
storia, quella con la S maiuscola.
L’invasione tedesca
del Belgio e la Propaganda-Abteilung bloccano l’uscita di tutti i periodici del
paese, fra cui Le Petit Vingtiéme, il cui ultimo numero appare l’8 maggio
1940 con l’immagine in copertina di Muller che tenta di colpire all’improvviso
il nostro reporter preferito interrompendo il racconto alla tavola 58. Il periodico
resusciterà solo 10 anni più tardi ma senza il suo autore simbolo. Nel medesimo
tempo si interrompono le comunicazioni con Louis Casterman, editore dei
suoi albi, per cui Hergé non riceve i pagamenti dovuti.
Hergé, come avverte un bollettino redazionale ne Le Petit Vingtiéme
del n.3 del 19 gennaio 1940, è richiamato sotto le armi e inviato in Francia
nella regione parigina.
Poi dopo il celebre
appello alla nazione fatto dal re Leopoldo III, non fuggito, l’autore ritorna e
rifiuta un’offerta del Pays Réel, periodico del movimento rexista per il quale
aveva disegnato nel 1936 il logo della testata. Nel frattempo batte cassa con Charles
Lesne per i soldi dovuti da Casterman. Apprende così che quest’ultimo
è diventato borgomastro della sua città, Tournai, quasi distrutta dai
bombardamenti tedeschi. E probabilmente anche il suo stabilimento tipografico
ha subito danni, benché sono state distrutte solo 38 copie, sulle migliaia
presenti, di albi di Tintin! Hergé propone un quinto volume con la raccolta delle storie di
Quick et Flupke; la proposta è accettata per cui l’autore inizia a girare presso gli
uffici amministrativi tedeschi per avere il permesso di riavere i cliché
originali conservati nei locali sequestrati della redazione del Vingtiéme
Siècle.
Nel frattempo accetta
la proposta del giornalista Jacques Van Melkebeke di collaborare con il quotidiano Le Soir, giornale bruxellese sottratto ai suoi legittimi
proprietari dalla propaganda nazista, per un nuovo supplemento giovanile, Le
Soir Jeunesse, che pubblichi Tintin. Per tale collaborazione Hergé sarà
accusato fino alla fine dei suoi giorni, e oltre, di collaborazionismo. Notare
il significato simbolico sul disegno nella copertina del primo numero che
presenta un cippo stradale con una doppia direzione, Bruxelles nel senso
di marcia di Tintin e Milou e Toulouse in quella opposta, come per
annunziare il ritorno dell’autore dalla Francia.
Prepubblicato in
bianco e nero dal 17 ottobre 1940 al 3 settembre 1941 sulle pagine de Le
Soir Jeunesse, inizia il nono episodio, intitolato Le
crabe aux pinces d’or. Hergé
annuncia trionfante a Casterman che la tiratura del supplemento ha
raggiunto le 300.000 copie, senza considerare sull’inopportunità della cosa da
un punto di vista politico. In ogni caso la storia della pubblicazione di
questo episodio meriterebbe un post a parte per quanto è stata resa complessa
dalle tragedie e dalla disattenzione umane.
Nel 1941 esce il
volume in bianco e nero, senza alcuna pubblicità da parte dell’editore, con
scarse vendite, un fiasco che indispone l’autore, il quale scrive protestando
con Lesne. Ha modo così di apprendere che si è trattata di una precisa
strategia editoriale per un’opera pubblicata su un quotidiano sovvenzionato dai
tedeschi. Non solo, ma protesta anche perché non gli sono pagati alcuni cliché
che ha dovuto rifare, nonostante abbia sempre disegnato gratis pro deo le
copertine e le tavole a colori fuori testo, realizzate su richiesta
dell’editore.
Restrizioni sulla
carta portano alla chiusura del supplemento, per cui la storia prosegue
direttamente su Le Soir in formato di striscia quotidiana. Hergé
è costretto a modificare la propria tecnica per creare un nuovo ritmo nel
racconto: dal momento culminante nella vignetta finale di ogni tavola si passa
a quello nella vignetta finale in ogni striscia. La pubblicazione sul quotidiano a grossa tiratura
ha un effetto trainante sulle vendite degli albi, anche quelli con le prime storie, alcuni dei quali vanno esauriti
e sono ristampati.
Nel giugno 1941, Lesne
propone una novità negli albi, poi rientrata per costo eccessivo, ovvero di
inserire due splash-page a colori a pagina piena, senza cornice bianca, nelle
due pagine centrali in modo da colpire gli acquirenti che sfogliano i volumi e
facilitarne l’esposizione, aprendolo, nelle vetrine delle librerie. Una
disattenzione dell’operaio addetto alla sorveglianza della stampatrice provoca
un migliaio di copie con un errore nella pagina 77, fatto che rende quelle copie
molto ricercate dai collezionisti.
Due anni dopo esce la
versione a colori per Casterman. Prima di quest’ultima l’autore decide
di cambiare il titolo in Le Crabe rouge, per seguire la scia de Le
Lotus Blu, L’Ile
Noire, ma Casterman
ha già stampato le copertine con il vecchio titolo e la richiesta rientra.
Dopo la parentesi del
settimanale Tintin (1939-1960) e del singolo albo (1961) targati
Vallardi, Le crabe aux pinces d’or è la prima uscita degli Albi di Tintin,pubblicati in edicola nel novembre 1965 dall’editore Gandus con il titolo Il Granchio d’Oro, al prezzo non indifferente di 300 lire.
Forse l’episodio è
quello più affascinante, con la sua atmosfera esotica tipica dell’Africa del
Nord: il Sahara, il Marocco, i berberi, i meharisti dell’esercito francese, il
burnus, il suk. Anche l’ambientazione marinara, tanto presente nella saga
tintiniana, risulta accattivante, considerando l’importanza di questo episodio
nel futuro di Tintin.
Hergé lavora ancora da solo e la copertina è in perfetto stile Linea
Chiara (termini ancora non coniati all’epoca) con quell’elegante cammello,
forse una delle migliori raffigurazioni animaliere realizzate dall’autore; il
disegno non presenta una linea di troppo, è perfetto!
Nella trama del
racconto pubblicato su Le Soir non ci sono riferimenti al conflitto in
corso o all’invasione del Belgio perché il quotidiano è sottoposto alla censura
tedesca, la quale vieta L’Isola Nera, perché ritenuta a favore degli inglesi, e Tintin
in America per il semplice
titolo, ma, stupidamente, non vieta Lo Scettro
d’Ottokar, zeppo di riferimenti
sulla Germania hitleriana, come riporta Fréderic Soumois nel suo Dossier
Tintin.
Inizia, quindi, a costruirgli un universo più intimo, crea una “famiglia” con personaggi di spessore, trovandogli nell’episodio successivo perfino una sede stabile, il castello di Moulinsart, dove sviluppare ulteriormente l’universo tintiniano e orientare la saga sempre più verso la sit-com e sempre meno verso l’action-com.
Sarebbe interessante affrontare il tema di Hergé e l'antisemitismo.
RispondiEliminaHergé era cresciuto in un ambiente ultracattolico e conservatore per cui aveva assorbito quelle idee tipiche di un’epoca in cui il politically correct verso le minoranze etniche o religiose non esisteva, come dimostravano anche le coetanee comic strips statunitensi e i primi fumetti nostrani. Solo dopo una maturazione interiore e su pressioni degli editori, anche stranieri, il papà di Tintin ha purgato nelle sue storie tutte quelle immagini o frasi che potevano suscitare un’offesa nel pubblico ormai internazionale dei suoi lettori. E questo, come abbiamo scritto più volte, costituisce anche uno degli aspetti più intriganti sulla personalità dell'autore, caso unico nel mondo del Fumetto.
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