Il numero della Collana
Avventura della Gazzetta dello Sport
in edicola questa settimana è di particolare interesse anche per chi non avesse
seguito la serie di Bob Morane che vi è attualmente pubblicata:
contiene infatti le ultime due storie disegnate, e non solo, da William Vance prima di abbandonare il
personaggio, e pubblicate sul settimanale Tintin
nel 1978 e nel 1979.
Non solo disegnate perché di questi due episodi Vance ha scritto anche la sceneggiatura
basandosi sui romanzi scritti da Henri
Vernes parecchi anni prima, L’empreinte du crapaud nel 1968 e L’empereur de Macao
del 1957.
Il romanzo alla base della Maledizione del Rospo è il secondo del
Cycle des crapauds, che comprende quattro volumi (Les crapauds de la mort del 1967, L’empreinte du crapaud del 1968, Le masque du crapaud del 1975 e L’antre du crapaud del 1996) e di
questo ciclo è l’unico che sia mai stato adattato in bédé.
Nella storia è
esplicito il riferimento ad avvenimenti vissuti in precedenza da Bob Morane e
Bill Ballantine e il finale decisamente aperto lascia spazio per possibili
sviluppi, ma chi volesse conoscere l’antefatto o il prosieguo deve leggerli nei
romanzi.
Questo non toglie che La maledizione del rospo sia decisamente una delle
storie a fumetti più riuscite di Bob Morane, godibilissima anche a se stante. Grazie alle vignette che spesso
invadono la pagina e all’audace impostazione delle tavole, i disegni di Vance creano un’atmosfera inquietante
oltremodo suggestiva e i testi molto limitati inducono a soffermarsi sulle
immagini, vere artefici dell’effetto finale. I forti personaggi sono utilizzati
con maestria e parsimonia, mantenendo sempre alto il tono della narrazione.
Incisivi
i ritratti della bella e stravolta Geneviève, la sua governante tutt’altro che amorevole
e rassicurante, il notaio-alchimista che vaneggia di vita eterna e l’abate che
racconta la leggenda che avvolge quella regione paludosa.
In queste pagine, Vance ci da una grande prova della sua maestria nella
rappresentazione degli ambienti medioevali, da lui evidentemente amati come si
vede anche in altre sue serie quali Ramiro e Rodric.
Gli uomini-rospo si muovono sullo sfondo
come spettrali presenze, come minacce incombenti, e il loro incedere lento,
statico e apparentemente inespressivo fa da corollario alle resurrezioni di Aude de Machelouve.
Come di consueto
nelle pagine finali Bob Morane propone una spiegazione “logica” agli
eventi inspiegabili anche se in questo caso non se ne sente il bisogno, un po’
come conoscere i trucchi di un mago che ti ha affascinato con i suoi strabilianti
numeri di magia.
Se La maledizione del Rospo appartiene al uno dei
filoni classici dell’eroe di Henri Vernes, quello delle storie fantastiche, L’imperatore di Macao,
con la quale Vance saluta Bob Morane è da ricondurre al genere
giallo-spionistico.
A rendere più drammatico il racconto, non c’è Bill Ballantine e questo elimina gli
scambi di battute ironiche tra i due protagonisti della lunga saga. I momenti
drammatici non sono così stemperati dai botta e risposta tra il comandante e l’amico
di sempre e Bob
Morane ci appare in una versione molto più umana del solito, a
tratti debole e sprovveduto, salvato più del solito dal caso e dalla sua
proverbiale fortuna.
La colorazione pesante, con predominio del blu e assenza
di luce, enfatizza il tono cupo e crepuscolare di questa avventura “in
solitario” di Bob
Morane.
E poi, mi pare, avremo Coria. Pareri su questo disegnatore che non conosco? Grazie.
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