mercoledì 15 febbraio 2017

Le tre isole di Tintin




Tutte le avventure di Tintin disegnate prima e durante la seconda guerra mondiale hanno avuto delle vicissitudini editoriali nel passaggio dalla versione prepubblicata a puntate a quella in volume, ma L’isola nera, settima della serie, è un caso che presenta degli aspetti del tutto particolari e unici.



La storia non si svolge più fuori dall’Europa infatti inizia in Belgio, per proseguire in Scozia passando per l’Inghilterra meridionale. Quindi Tintin dopo tante avventure in paesi lontani rientra in Europa. Essendo, poi, un racconto basato su continui inseguimenti e fughe in pratica c’è un’evoluzione nella realizzazione delle storie poiché l'autore fa un uso massivo della tecnologia: la televisione, gli aerei, la stampa di quotidiani e di banconote false!



Inoltre si intensifica il legame con l’attualità dell’epoca, infatti dopo i sovietici, il colonialismo, i gangster, il traffico di armi e di oppio, le invasioni territoriali, il petrolio e i mercanti di morte, troviamo i falsari che vorrebbero minare la stabilità economica dell’Occidente. C'è anche la leggenda della “bestia” racchiusa in un castello diroccato in un’isola, chiaro richiamo al film King Kong del 1933, che riporta anche al mito del Minotauro. O quanto meno, svolgendosi l'azione in Scozia, a Nessie, il mostro di Lochness, le cui prime presunte apparizioni furono pubblicate sui quotidiani proprio in quegli anni.



Il gorilla Ranko non risulta, però, una creazione animaliera simpatica, la sua raffigurazione non ha nulla a che vedere con i quadrumani creati dal bravissimo André Franquin nei vari episodi di Spirou e Fantasio.



Non solo ma la connessione fra realtà e fiction si nota fin dalla prima vignetta della prima versione in cui Hergé riporta una foto di Tintin in un quotidiano che lo mostra mentre passeggia in campagna mentre nella vignetta successiva lo disegna nella realtà fittizia del racconto proprio in quello scenario.



Quindi troviamo una sorprendente “mise en fiction” che utilizza la stampa come rappresentazione del reale e la vignetta come fiction, impostazione che si ripete alla fine della storia con la pagina intera del Morning News che racconta l’accaduto con quattro foto, utili per sintetizzare spiegazioni che peraltro sarebbero state lunghe e noiose [Frederic Soumois, 1987]. Hergé, dunque, affina sempre più la propria tecnica fumettistica.



Milou cresce nel ruolo di spalla che salva Tintin e che utilizza ingegnosamente tutti i mezzi che il mondo circostante gli offre per tale scopo. Simpatica la fuga sul treno in un vagone pieno di whisky della marca Johnnie Walker (altro accenno alla realtà) dove, mentre Tintin sta in guardia, alle sue spalle il cane approfitta di una perdita dall’involucro del vagone per rimpinzarsi di whisky e ubriacarsi. Whisky che il fedele cane ritorna a gustare nelle pagine successive creando un sospetto, mai provato, di alcolismo da parte dell’autore, sospetto che si avvalorerà con la comparsa del capitano Haddock!
Per contestualizzare le avventure del reporter con il ciuffo l’autore utilizza nomi propri reali ma storpiati, possibilmente con un doppio senso nascosto.



L’Isola nera è l’unico racconto di Hergé ad avere beneficiato di ben tre versioni completamente differenti, a partire dalla pubblicazione sul Petit Vingtième, cominciata il 15 aprile del 1937 come al solito nelle pagine centrali del supplemento settimanale al quotidiano e in bianco e nero con il titolo generico Les nouvelles aventures de Tintin et Milou, un mese e mezzo dopo la fine del precedente episodio.



Nella versione francese per il settimanale Cœurs Vaillants della Fleurus avrà prima il titolo Sur la piste du mystére e poi Tintin et le mystére du l’avion gris. Solo nella successiva versione in album della Casterman ci sarà l'azzeccato titolo definitivo L’Ile noire.



Dal mese di dicembre 1937 le due tavole con Les nouvelles aventures de Tintin sono stampate con l’aggiunta di due colori, rosso e verde. Questa colorazione, cosiddetta di sostegno, viene fatta solo per la copertina e le pagine centrali del fascicolo. Quasi la metà della storia appare quindi sul Petit Vingtiéme in questa versione arricchita.



Casterman però si aspetta di stampare successivamente un album in bianco e nero, pertanto Hergé mantiene in tutto le tavole i retini in modo che siano mantenuti i grigi fondamentali in assenza del colore per evitare l’appiattimento della resa. Alla fine del 1938 viene pubblicato il volume, tutto in bianco e nero, con l’aggiunta di quattro tavole fuori testo a colori.


Nel 1943, dopo che con la decima avventura di Tintin, La stella misteriosa, Hergé ha stabilito un nuovo modello per le edizioni in volume, ovvero 64 pagine a colori, L’isola nera è una delle prime che viene rilavorata, rimontando, adattando e ricolorando le tavole originali a sei vignette di base. Questa versione sarà ristampata sino all’inizio degli anni sessanta, quando comincia a risentire dei segni del tempo.



L’occasione è fornita da una richiesta di Methuen, l’editore inglese di Tintin, di apportare delle modifiche per i numerosi errori fatti a suo tempo da Hergé sulla realtà inglese. L’avventura si svolge in Inghilterra e in Scozia e gli ambienti, ma soprattutto la rappresentazione dei britannici, potrebbero risultare fuori tempo e fuori luogo per cui ci sarebbe stato uno scarto troppo evidente con le storie ben documentate del ciclo lunare e dell’Affare Girasole.





Un intervento solo su specifiche vignette, che non sarebbero poi poche, avrebbe prodotto un risultato decisamente discutibile per l’evidente differenza di stile nel disegno. A questo punto Hergé decide di sfruttare i suoi Studios Hergé e il personale altamente qualificato, fra cui il suo principale collaboratore, Bob De Moor.



Grazie al loro aiuto e alla ricerca di un’impressionante mole di documentazione (Bob de Moor viene inviato per qualche tempo nel Regno Unito) vede la luce la terza ed ultima e definitiva versione. In essa la fedeltà al reale è quasi maniacale, il racconto è esteticamente ineccepibile ma ricreare una Gran Bretagna negli Anni Sessanta su una storia immaginata dall’autore negli Anni Trenta è stata una forzatura per cui il racconto ha perso molta della sua freschezza e l’abbondanza di dettagli opprime la semplicità della prima versione.



Questa terza versione dell’Isola Nera viene presentata a puntate sul settimanale Tintin dal n.22 dell’1 giugno 1965 e pubblicata in volume l’anno successivo, con una nuova illustrazione di copertina. Ed è questa versione quella che è contenuta nella collana della Gazzetta dello Sport.



Un ampio dossier sulle vicende editoriali dell’Isola nera è stato realizzato da Etienne Pollet e pubblicato nel 2005 da Casterman, con una dettagliata cronologia di tutti gli eventi relativi, con gli scambi epistolari tra Hergé e Charles Lesne di Casterman e il confronto puntuale delle tavole nelle tre diverse edizioni. Questo fondamentale volume di grande formato consente una approfondita conoscenza della genesi dell'Isola Nera e una valutazione puntuale dei cambiamenti via via effettuati da Hergé.



1 commento:

Alessandro ha detto...


A tutti gli appassionati di BD, di Tintin in particolare, raccomando caldamente di valutare l'acquisto della collana che è attualmente in uscita a cura di RCS-Gazzetta dello Sport, anche se ne avessero già altre edizioni.
Gli inserti redazionali in apertura di ogni albo sono infatti ricchisimi, densi di informazioni, di riferimenti storici, di foto d'epoca, di approfondimenti. E questo in ognuno degli albi pubblicati.
Davvero complimenti ai curatori di questa edizione.