Dopo sedici album in quasi quaranta anni la grande
avventura di Jonathan è giunta (forse) alla sua conclusione e il nostro “eroe” errante
nel sud-est asiatico (forse) torna a casa. Tutti questi forse sono d’obbligo
visto che, se è vero che nell’ultima storia finora pubblicata si riprendono le
fila dei primissimi episodi per fornirci un più sereno epilogo del dramma, Cosey non ha mai escluso di poter
riprendere a narrarci le suggestive ricerche in paesi lontani e nel profondo dell’animo
del suo unico personaggio seriale.
Nel frattempo è possibile rileggere la saga (questa bédé
merita più riletture!) e soffermarsi su uno dei numerosi temi che animano la
saga, a partire da quello che è forse il più evidente e affascinante, ovvero la
rappresentazione dell’universo femminile o, come si usava dire in quegli anni,
dell’altra metà del cielo.
Sono ritratti che restano indimenticabili nel lettore, sia
quelli affrontati in poche pagine sia quelli approfonditi, ma raramente, in più
albi, narrati con la tipica essenzialità di testi e con una raffinata
resa grafica.
A dare inizio a questa serie di figure femminili è Saïcha, il grande amore giovanile di
Jonathan. Il personaggio compare in sordina e si fa strada lentamente nei
ricordi sfuggenti di Jonathan nel corso del primo episodio, Ricorda, Jonathan….
Nelle poche e limitate successive apparizioni la vediamo
trasformarsi da piccola sfollata tibetana in Svizzera a giovane donna impegnata
in operazioni umanitarie nel suo Tibet natio. È un personaggio che si fa progressivamente
strada, sostenuto dagli sforzi di Jonathan di afferrarne il ricordo, sempre più
coinvolgente fino a diventare l’elemento portante della storia.
A sdrammatizzare la vicenda narrata in questo primo episodio
sono gli intermezzi con la piccola Themba,
a cavallo del suo yak, che ha perso sì l’udito ma possiede una straordinaria
sensibilità, in grado di percepire molto bene il bisogno di aiuto di “Occhi
chiari”, l’occidentale che si è paracadutato dal cielo alla ricerca di non sa
cosa, e dimostra una grande autonomia malgrado la giovanissima età.
Il secondo episodio, E la montagna canterà per te, ci
presenta una figura femminile totalmente diversa. Si tratta di Nyima, la piccola strega che attira con
il suo canto che si disperde sulle vette del tetto del mondo.
Un incontro con una strega in uno scenario desolato è tutt’altro
che augurabile ma per Jonathan rappresenterà la chiave per aprire un nuovo
squarcio nel suo passato e poter lenire un’altra parte delle profonde ferite
nel suo animo.
A piedi
nudi sotto i rododendri propone altri due personaggi
femminili, in due diverse fasi della vita. Si tratta di una giovane donna, Renzin, dal “sorriso ineguagliabile dai
gioielli più belli”, un sorriso che si manifesta soprattutto quando si reca a
trovare l’occidentale che si è fermato nel suo villaggio. Inutile dire che il
suo amore per Jonathan è tanto palese quanto inespresso. Con lei si apre la
galleria nei possibili “amori” di Jonathan, ma è ancora troppo presto. Il
nostro avventuroso protagonista è molto più attratto dal mistero del ladro
notturno di cibo, poi assorbito dalla comparsa della piccola Drolma, un’altra figura di bambina che
però stavolta lo accompagnerà nell’arco di alcuni episodi, in una non chiara definizione
di chi è a curare chi.
Drolma è un’altra bambina indipendente, tutt’altro che
inerme, e nell’episodio successivo, La culla del Bodhisattva, il suo intervento è fondamentale
nello sviluppo del racconto per sbloccare una situazione nella quale il vero
dramma non è quello che si vede a prima vista.
In quella che è forse una delle più belle storie della
serie, Spazio
blu tra le nuvole, il nostro vagabondo svizzero si fa da parte e
sembra dimenticare le proprie vicende per lasciare spazio alla stupenda storia di
un Colonnello inglese in volontario esilio tra le montagne, per fuggire dal
mondo occidentale, dalla sua Inghilterra, un po’ come Jonathan dalla sua
Svizzera.
La sua solitudine è spezzata da un’altra indimenticabile
giovane donna: annunciata e attesa appare Shangarilla,
una guerrigliera Khamba. Un incontro commovente, ancor più d’atmosfera per
l’inconsueta ambientazione e per la natura dei protagonisti.
Jonathan si tiene in disparte per assistere,
involontario testimone, a una silenziosa, tacita ma profondissima storia
d’amore tra due mondi lontani e due età incolmabili ma allo stesso tempo molto
profonda e forte, velata di rimpianto.
Dopo giovani attraenti e bambine dinamiche, è nel sesto episodio, C’era una volta Douniacha, che la
presenza femminile è rappresentata da una donna di una certa età, indefinibile
sicuramente ma segnata dalla vita, confinata in un villaggio soffocato dalla
presenza degli invasori. Non si tratta però di un personaggio triste, malgrado
la situazione non certo serena in cui vive, tutt’altro.
La sua ironia, la sua apertura alle fascinazioni del
mondo occidentale, la stranezza del suo nome, Elizabeth, sono un piccolo capolavoro di rappresentazione di un’umanità
che vuole vivere e continuare a sorridere in un mondo stravolto dalla guerra e
dallo scontro armato tra popoli e culture.
Come alla fine di un percorso in cui nelle storie di Jonathan è stato presentato un
ventaglio sufficientemente rappresentativo del mondo femminile, a cui
affezionarsi soltanto, a partire dal settimo episodio, Kate, sembra giunto il momento di
concedere all’inquieto occidentale, volontario esule in Asia, una nuova storia
di profondo coinvolgimento personale, graduale, discreta, a tratti inquietante,
un ritorno alla voglia di vivere pienamente la vita.
Drolma è sparita e non riapparirà più, senza alcuna
spiegazione neanche accennata. Ma le spiegazioni nelle storie di Cosey sono qualcosa
che non ci si deve mai aspettare, come nella vita vera sono tante le cose che
sfuggono, che non si sanno né si sapranno mai veramente. Si può immaginare,
fare congetture ma inutile sperare in una puntuale descrizione del come e del
perché qualcosa succede o non succede, del vero motivo per cui qualcuno torna e
qualcuno sparisce. “Chi ha detto che non l’ho rivista?” replica Jonathan a un’esplicita
domanda. Non ha certo mai sostenuto di voler raccontare tutto, no?
Se Kate è la
protagonista della storia che porta il suo nome e divide la scena con Jonathan,
Eileen è solo un personaggio secondario
del Segreto del
serpente, l’episodio successivo. La si vede poco e parla ancora
meno, ma il suo è un mutismo molto esplicativo, dagli sguardi pieni di significato,
dalle battute secche. Apparentemente inerme e stravolta da un’esperienza
tragica, è una di quelle donne che, dopo un lungo precipitare nella voragine
della depressione, al momento finale sa riprendere il controllo della sua vita
e decidere in maniera autonoma, anche se incomprensibile o per lo meno
inconsueto secondo il metro del buon senso comune.
Inutile aspettarsi da Cosey lo sfruttamento a lungo di trame già
avviate o situazioni in sospeso, almeno a breve termine. Così in Neal e Sylvester
il piccolo americano alla ricerca dello Yeti occupa tutta la scena insieme al
suo fido Sylvester e a un divoratore di biscotti a quattro zampe. Nessun
personaggio femminile? Non proprio. In una piccola sosta Jonathan va a trovare una graziosa
guaritrice tibetana nel villaggio di Zeng. “Sono sei mesi che non ti fai vedere!”
Lo apostrofa lei. Ma quando l’ha già vista? Abbiamo saltato un episodio o
scordato qualcosa? Cosey non ce lo ha raccontato ma ci fa capire che la loro
amicizia non deve essere stata né occasionale né saltuaria, e forse anche
qualcosa più di una semplice amicizia.
Per fortuna qualche personaggio torna, e i lettori più inclini
alle corde romantiche non possono non rallegrarsi nel rivedere Kate nell’unico
dittico della serie, Lo zio Howard è tornato e Greystore Island, dove per la prima
e l’unica volta, Cosey ci mostra Jonathan fuori dai suoi ormai consueti
scenari del sud-est asiatico. Be’, il nostro svizzero poco propenso alle
smancerie in quest’occasione si lascia per un momento un po’ andare, ma inutile
dire di più. Non ha forse resistito fin troppo agli occhi della bella
americana?
Questa lunga storia è l’unica con un mistero da
risolvere, con elementi dell’avventura classica, dove si coglie
l’occasione per mostrare sullo sfondo un altro personaggio femminile da galleria, la dinamica
Thelma, moglie di un detective, che
lavora nella società del marito, dove non manca l’utile ma il dilettevole
lascia a desiderare!
Il dodicesimo episodio della serie, Colui che guida i fiumi al mare,
appare dopo un intervallo di ben undici anni. E anche per Jonathan dev’essere passato qualche
tempo, visto che ora si trova in Cina carico di tanti nuovi ricordi.
Tutto quello che è successo nel frattempo non ci è dato
saperlo. Solo qua e là in questo e negli episodi successivi si accenna a
qualcosa ma solo una minima parte, quella funzionale alla comprensione della
vicenda. Tante cose non vengono raccontate, e forse non lo saranno mai.
Siamo in Cina, ai confini con il Nepal, e dietro la fuga d’amore di Yamtzung la Voce si staglia la bella, impenetrabile Yung Lan, Colonnello dell’Armata Rossa. È apparentemente fredda, calcolatrice e contenuta ma pagina dopo pagina riesce quasi a far dimenticare Kate!
Questo splendido personaggio femminile merita
immediatamente un seguito e Il sapore del Songrong accontenta chi vuole rivedere
l’affascinante Colonnello e seguire Jonathan
alla ricerca della “stella che si vede di giorno”. A fare da contrappunto al romanticismo
del nostro protagonista Cosey ci
regala una storia parallela su toni burleschi, quella della anziana Beauté, curva sotto il peso della
pesante gerla che trasporta tutto il giorno, assillata giorno e notte da un maturo spasimante,
audace e disinibito, un vero “vecchio porco”.
Dopo una serie di episodi dall’impianto narrativo più tradizionale e da un intreccio che si rivela tavola dopo tavola, anche se sempre alla Cosey, Lei o le diecimila lucciole rappresenta, come ha detto anche lo stesso autore, qualcosa a parte, dove una serie di fili sospesi, di cose che si vogliono dire, di luoghi che si vogliono mostrare si combinano in una storia che ha sequenze spettacolari ma dal racconto sfuggente e poco chiaro e in molte parti sorprendentemente verboso e prolisso.
L’incontro con la bella Sabei, sullo sfondo del lago Inlé è una piccola perla incastonata
al suo interno. Il suo viso, il suo sorriso, le sue parole sono indimenticabili.
L’autenticità del personaggio è sorprendente.
Se nei primi episodi la ritrosia di Jonathan a intrecciare storie
d’amore è evidente, negli ultimi avviene una sorta di liberazione dai fantasmi del
passato, e in ogni nuovo album vediamo il nostro eroe concedersi nuovi abbandoni.
Un assurdo pretesto sembra buono per andare in Giappone
(consegnare di persona una busta), ma anche Jonathan non riesce a nascondersi
che la voglia di rivedere la graziosa Atsuko
deve aver pesato molto in questa stramba decisione.
E sarà stato anche il destino che sembra muovere le fila di Lei non c’è più, ma ritrovare in India un altro amore infantile dopo venti anni e riuscire a superare insieme qualcosa che aveva avuto inizio nella lontana fanciullezza, non è forse il modo migliore di riconciliarsi con le tragedie del mondo ed essere finalmente pronti ad affrontare la vita, passata e futura, con maggiore serenità?
2 commenti:
Tutto bello! Non capisco, però, come un autore affermato come Cosey sia potuto scendere così in basso cimentandosi con un improbabile Topolino che sembra scaturito dalla matita di un bambino delle prime classi delle elementari. Quella che è stata presentata come una versione vintage si è rivelata, invece, una mera operazione commerciale. Ne aveva davvero bisogno il nostro buon svizzerotto? Caro Bernard il fumetto umoristico è un'altra cosa ed è tutt'altro che semplice! Ad ognuno il proprio mestiere. Avanti con Jonhatan allora! Merci.
Concordo pienamente! Cosey era presente all'ARF a Roma. abbozzava personaggi Disney davvero imbarazzanti con la presunzione del grande artista. Credo che gloria e fama vadano guadagnate sul campo. Cosey è giustamente diventato un grande per Jonhatan, Viaggio in Italia, Alla ricerca di Peter Pan e sicuramente mi sfugge qualcosa. Topolino, per cortesia, lasciamolo ai nostri buon Cavazzano, Casty, ecc.
VICTOROMEGA.
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