giovedì 16 giugno 2016

La linea chiara - prima parte


La Linea chiara è una corrente artistica del fumetto franco-belga le cui storie disegnate sono caratterizzate da personaggi, mezzi meccanici e ambienti architettonici e scenografici rappresentati con un disegno stilizzato, reso graficamente mediante una linea di uguale spessore, che non utilizza l’effetto di luci e ombre tipiche del tratteggio, con un nero pieno per eventuali ombre. In tal modo l'immagine risulta perfettamente leggibile per il lettore. La leggibilità, come ha affermato Hergé nel 1983, è fondamentale: «sia da un punto di vista del testo che del disegno. E per leggibilità voglio dire essenzialmente la chiarezza narrativa. Perché non dimentichiamo, il fumetto è soprattutto narrazione».          Apparentemente ridotta all’essenziale, in realtà la vignetta è il risultato di un sapiente studio che mette in relazione fra di loro le figure disegnate, l’uso di colori omogenei, senza sfumature, l’impostazione della tavola, il rigore nella trama e l’uso di un font in corsivo per i testi.
Verosimilmente, la Linea Chiara si impose anche per necessità di carattere tecnico poiché i sistemi di stampa dell’epoca non garantivano una buona resa dei tratti sfumati, per cui era necessario utilizzare un disegno con contorni decisi, su cui imprimere in un secondo tempo i colori senza complicazioni.




Tale maniera di disegnare fu utilizzata agli inizi del secolo scorso dall'americano Geo Mc Manus in The Newlyweds e Bringing up father, tradotti da noi con Cirillino e Arcibaldo e Petronilla, e da Otto Soglow nel delizioso The Little King.



In Francia, il primo a utilizzare questo tipo di grafia per le bandes dessinées fu Alain Saint-Ogan con i due ragazzini giramondo Zig et Puce (1925) sul settimanale Le Dimanche Illustré, una Domenica del Corriere transalpina, ma lo stile era già riscontrabile in precedenza nelle storie illustrate da Benjamin Rabier, autore del papero Gédéon e di Tintin-Lutin (1898), ragazzino con un ciuffo biondo e pantaloni da golf,
e in quelle della servetta bretone Bécassine, pubblicata dal 1905 su La Semaine de Suzette, periodico per ragazzine perbene delle edizioni Gautier-Languereau.


Il settimanale, pubblicato dal 1905 al 1960, attuò una rivoluzione nell’impostazione grafica delle tavole, correlando strettamente i disegni con un testo imperniato su temi attuali. Fra i collaboratori, René Follet, Henri de Sta, Calvo, Etienne Le Rallic, Noel Gloessener, e, soprattutto, Joseph Porphyre Pinchon.


Il periodico ottenne un grande successo, perdurante fino ai nostri giorni, grazie alla pubblicazione delle storie di Bécassine, soprannome di Annaik Labornez, sempliciotta servetta bretone, ideata da Jacqueline Riviére e Maurice Languerau, detto Caumery, e disegnata da Pinchon. Le trame di Bécassine sfruttavano la contrapposizione fra la sana vita provinciale\paesana e quella ipocrita parigina\borghese nel periodo del primo conflitto mondiale.


I suddetti stili sono stati rielaborati dal disegnatore belga Hergé, al secolo George Rémi, il quale, a proposito di Rabier, ha detto:«Mi ha immediatamente conquistato. Poiché quei disegni erano molto semplici. Molto semplici, freschi e allegri e di una leggibilità perfetta» Per il proprio personaggio Tintin, Hergé ha utilizzato le nuvolette rettangolari e gli occhi inespressivi di Mc Manus, il volto rotondo di Bécassine e il ciuffo, i pantaloni da golf e l’ampia falcata di Tintin-Lutin.



Da notare che nell’episodio Bécassine, son oncle et leurs amis (1926), il maggiordomo Francisque un ciuffo biondo, la famosa houppe! Non solo, ma il viaggio in moto fatto da Rabier fino a Mosca è stato preso da Hergé come modello per il primo episodio, Tintin au pays du soviets (1929)!
Ma è da Saint-Ogan che discende una gran parte dell’ideazione dell’opera di Hergé, che a tal proposito ebbe a dire: «Saint-Ogan mi ha molto influenzato, poiché lo ammiravo e l’ammiro ancora: i suoi disegni erano chiari, precisi, “leggibili; e la storia era narrata in maniera perfetta. È in queste cose che mi ha profondamente influenzato» E di questa influenza fa testo la visita che un giovane Hergé, famoso ancora solo a livello locale, fa nel 1931 a Parigi a Saint-Ogan per presentargli il suo primo volume su Tintin e averne qualche consiglio. Dall’incontro ritornò con una tavola originale di Zig et Puce con dedica, da lui conservata gelosamente (Tracé RG. Le phenomene Hergé, Huibrecht Van Opstal, Lefrancq 1998).
Per approfondire l’argomento si possono consultare Tintin avant Tintin sull’influenza di Rabier e l’eccellente articolo Hergé debiteur de Saint-Ogain (1996) di Thierry Groensteen.


2 commenti:

simaz ha detto...
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Anonimo ha detto...
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