Chi
segue con assiduità il blog ricorderà che in un post (Jacobs ridisegna Jacobs) abbiamo parlato di come Edgar Pierre Jacobs abbia ridisegnato le prime 18 tavole de Le Secret de L’Espadon. Ora
desideriamo approfondire l’argomento, parlando dei legami tra Jacobs e Jacques Van Melkebeke, ovvero l’ami
Jacques, come familiarmente era chiamato il giornalista, scrittore, pittore
e caporedattore ombra del settimanale Tintin.
Fonte di queste notizie il saggio A
l’ombre de la Ligne Claire – Jacques Van Melkebeke le clandestin de la B.D. di Benoît Mouchart, Vertige Graphic
2009.
La
nascita di Blake
et Mortimer, i celebri personaggi di Jacobs, può essere, indirettamente, accreditata anche a Van Melkebeke, perché grazie al suo
rifiuto di una storia medievale, che l’autore belga aveva in mente,
quest’ultimo cambiò idea e creò l’indimenticabile duo per il primo numero del
settimanale Tintin.
È,
inoltre, responsabile per aver spinto Jacobs
ad addentrarsi nel campo, all’epoca poco sfruttato, della fantascienza,
vincendo le sue ritrosie per la space-opera, anche se aveva disegnato con
successo alcune tavole ben riuscite di Flash Gordon sul
settimanale Bravo!.
A
tal proposito Jacobs ne parla nel
suo libro Un opéra de papier
pubblicato nel 1981 da Gallimard. L’autore
ricorda infatti che nel corso di alcune discussioni con il suo redattore capo questi
lo convinse a lanciarsi nella science-fiction.
Il
personaggio di Mortimer, come ormai
si sa, fu creato partendo dalle fattezze de “l’ami Jacques”, infatti se si
tolgono gli occhiali e si aggiunge una barba al ritratto di Van Melkebeke, appare il barbuto più
celebre della BD dopo il capitano
Haddock.
Non
solo, ma “l’ami Jacques” ha aiutato l’amico Edgar, oberato di lavoro per la
rivista Tintin e pressato dai
ritardi accumulati, nell’inchiostrazione delle prime 18 tavole de Le Secret de
l’Espadon. Il risultato, in realtà, non è stato soddisfacente, data
l’evidente differenza di stili fra i due, per cui l’autore fu costretto in
seguito a rimontare o ridisegnare quelle tavole per le edizioni in volume, tavole
che non furono mai più riproposte al pubblico.
Innegabile
è anche il contributo del giornalista alla stesura dei soggetti delle sue
storie. Il legame fra i due era così stretto che Jacobs affidò all’amico la realizzazione della prima monografia
sulla propria opera, 30 ans de bandes
dessinées, pubblicato nel 1973 da Comic
Sentinel, anche se firmato sotto il falso nome di Jacques Alexander. Anche qui a pag. 24, il giornalista ribadisce il
concetto che nel corso dei mesi le scelte della trama per L’Espadon nascevano da discussioni con
l’autore; in quel libro il capo redattore si autodefinì: “amico di sempre, interlocutore estremamente coriaceo ma sempre
costruttivo!”
I
due amici elaboravano e sviluppavano insieme le idee di Jacobs, anche se poi l’ultima parola, naturalmente, era dell’artista.
Jacobs redigeva una sinossi
dettagliata della trama, che faceva da
base per la prima stesura disegnata. Questa diventava argomento di discussioni
con l’amico, il quale, grande lettore di romanzi classici e di ogni genere, elaborava
suggerimenti per rendere più avvincente il racconto, intervenendo anche in un
miglior rendimento grafico di una tavola.
A
conferma di ciò è sufficiente osservare le tavole preparatorie per notare
numerose domande scritte di pugno dall’autore. Evidentemente servivano per
avere chiarimenti o suggerimenti dall’amico scrittore. Van Melkebeke, anche questo è ormai accertato, mise lo zampino
anche in tutti gli episodi seguenti di Blake et Mortimer.
Fu lui
a consigliare l’abbandono dell’aspetto ufologico immaginato in una prima
stesura da Jacobs ne L’Énigme de
l’Atlantide, in quanto poco prima Willy Vandersteen aveva iniziato a pubblicare sul settimanale
un’avventura di Bob
et Bobette intitolata Les Martiens sont là. Fu sempre lui a
consigliargli per gli abitanti di Atlantide di non cedere all’imperante moda
fantascientifica dell’epoca che imponeva costumi spaziali di fantasia! Pensate
se i costumi greci e precolombiani di quella storia fossero stati sostituiti da
dozzinali costumi spaziali, il racconto avrebbe perso molto del suo fascino!
Gli scrisse anche che doveva immaginare un mondo sotterraneo, lussuoso, seducente
e se avesse avuto dubbi poteva sempre chiamarlo al telefono per discuterne.
E
in effetti Jacobs sapeva di poter
contare sulla fervida immaginazione dell’amico, nutrita da mille letture,
infatti spesso gli chiedeva una riscrittura di un decoupage in modo da creare
un ritmo migliore a un intrigo.
Un
ulteriore prova del legame fra i due amici è dato dall’immagine di copertina
del n. 7 del 1947, un’immagine fantasy disegnata da Van Melkebeke ma curiosamente firmata da Jacobs, forse per non far
apparire il nome dell’amico clandestino agli occhi delle autorità belghe!
In
pratica Van Melkebeke fu qualcosa di
più di un semplice ispiratore e qualcosa di meno di un coautore. L’unica volta
in cui fu intervistato su questo aspetto, si dimostrò modesto addossando tutto
il merito a Jacobs, il vero autore
dei due personaggi. Ma senza il suo fecondo apporto il periodico Tintin non avrebbe raggiunto il
successo che ebbe, grazie alle avvincenti storie create con il suo aiuto da
autori di grande spessore: Hergé, Jacobs, Paul Cuvelier e Jacques Laudy, tutti debitori verso Van Melkebeke del successo dei propri
personaggi.
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