giovedì 22 marzo 2018

La Wiwanyag Wachipi di Derib - parte prima


Il western franco-belga, sopravvissuto come genere avventuroso fino ai giorni nostri, dà ampio spazio anche all’intrigante mitologia soprannaturale e al misticismo dei nativi americani.




Infatti alcuni autori hanno focalizzato l’attenzione proprio sul misticismo dei pellirosse, soffermandosi soprattutto su due aspetti: lo sciamanesimo e la wiwaniag wachipi o sundance o ‘danza che guarda il sole’,


resa famosa nel film Un uomo chiamato cavallo (1970) interpretato da Richard Harris.
Un momento importante nella vita di un giovane indiano era il raggiungimento dell’età adulta che permetteva l’ingresso fra i guerrieri;


tale ingresso era sancito con la partecipazione al rituale iniziatico ed esoterico della wiwaniag wachipi o ‘danza che guarda il sole’, dedicata agli Uccelli del Tuono. La cerimonia, usata anche per invocare la pioggia, si svolgeva in una tenda circolare, rappresentante simbolicamente la Cosmogonia indiana, con l’Universo, il Cielo, il Grande Spirito e la Grande Madre Terra.


Il giovane, abbigliato come un uccello del tuono, di cui imitava il pigolio con ossicini di aquila, danzava per quattro giorni e tre notti, senza cibo e acqua, rivolto sempre verso il nido degli Uccelli del Tuono, posto sul palo al centro della tenda. Nell’ultimo giorno alcuni di essi venivano fissati al palo per mezzo di funi e di ganci, fatti di ossa, infissi sottocute; costoro, danzando, si allontanavano a ritroso dal palo fino a liberarsi, martoriandosi le carni: era una grande prova di coraggio e di resistenza non indifferente, in cui lo spirito vinceva il dolore.


Rito affascinante, dunque, che non poteva non coinvolgere gli autori della bedé che ne hanno dato interpretazioni pittoresche.
I primi a rappresentarla sono stati la soggettista Laurence Harlé e Michel Blanc-Dumont in Le fantôme de Wah-Kee (1977), terzo episodio di Jonathan Cartland, di cui abbiamo scritto un post nel 2015.


Nel 1969, sul settimanale elvetico per le scuole, Le Crapaud à lunettes, inizia Yakari, una serie per bambini, con protagonista un piccolo indiano che parla con gli animali. I soggetti sono di André Jobim (Job) e i disegni di Derib, nome d’arte dello svizzero Claude de Ribaupierre, l’autore francofono che più di ogni altro, forse, ha indirizzato la propria produzione verso l’epopea western e i suoi protagonisti: Yakari,


Go West,


Buddy Longway.


Nel 1978, sulle pagine del settimanale belga Tintin inizia una storia in sette tomi sugli indiani delle pianure, creata da Derib nell’arco di quindici anni.


È una grande saga indiana suddivisa in due parti: una trilogia, intitolata Celui qui est né deux fois, e una quadrilogia, intitolata Red Road, che narrano di due giovani vissuti in due secoli differenti ma legati, oltre che dal sangue, dallo stessa ansia di conoscenza e dal medesimo destino di veggenti guaritori.


Il primo, vissuto nella prima metà del XVIII sec., si chiama Pluie d’orage (Pioggia di temporale) ed è destinato a diventare ‘uomo medicina’ di una tribù con il nome di Celui qui est né deux fois.


Il racconto è caratterizzato da pochi testi, quasi l’autore voglia ricordarci che i nativi americani non usavano parlare troppo e a vanvera, come sono stati soliti fare sempre i “civilizzati” bianchi.


Non si tratta di una storia avventurosa bensì introspettiva. Pochi racconti a fumetti si sono addentrati tanto profondamente nella storia dei nativi americani. È una lunga riflessione sulla loro concezione di vita, sul loro rapporto con la natura e la divinità, sull’importanza che essi davano agli animali da cui dipendevano, bufali e cavalli.


Il momento fondamentale del racconto è la presa di coscienza del protagonista di essere un privilegiato per volontà di Wakan-Tanka (come i Lakota\Sioux chiamavano il Grande Spirito), di avere visioni e doti naturali di guarigione


che lo rendono un “uomo medicina”, un visionario guaritore per la sua tribù.
Impossibile descrivere a parole la bellezza di tutte le tavole disegnate da Derib dove si nota tutta l’ammirazione dell’autore per il modo di essere, di vivere dei nativi americani:


le scene di vita quotidiana,


le guerre con le altre nazioni indiane,


le cavalcate nella prateria per la caccia al bufalo,


le visioni,


la “danza che guarda al sole” sono un vero godimento per il lettore, che riscopre la vita pericolosa, ma libera e perfettamente in comunione con la natura circostante, dei pellirosse. Siamo davanti a un’esaltazione del “mito del buon selvaggio” di Rousseau? Forse, ma la sua ricostruzione non deve essere molto lontana dalla realtà.


Affascinante la sua realizzazione di splash pages, come semplici illustrazioni a se stanti, che inizia a utilizzare alla fine del secondo episodio, quasi a simboleggiare la vita libera dei nativi americani. Un vero racconto cult in cui Derib, a giudizio di chi scrive, ha raggiunto l’acme della propria arte.


La breve saga di Celui qui est ne deux fois/Red Road, finora inedita in Italia, è da questa settimana pubblicata sulla collana Gli albi del West della Gazzetta dello Sport.



Celui qui est ne deux fois



1 - Pluie d’Orage (43 tavole, dalla 1 alla 43)

Tintin ed.belga 16/81 (21/04/1981) al 22/81 (02/06/1981)
Nouveau Tintin dal n.293 (21/04/1981) al n.299 (02/06/1981)
Album Histoires et légendes – Le Lombard 1983
Album Le Lombard 1992
Integrale Le Lombard 2007


- Pioggia di temporale
Gli albi del West 58, Gazzetta dello Sport 2018
  



2 - La Danse du Soleil (43 tavole, dalla 44 alla 86)

Tintin ed.belga 11/83 (15/03/1983) al 16/83 (19/04/1983)
Nouveau Tintin dal n.392 (15/03/1983) al n.397 (19/04/1983)
Album Histoires et légendes – Le Lombard 1984
Album Le Lombard 1993
Integrale Le Lombard 2007


- La danza del sole
Gli albi del West 58, Gazzetta dello Sport 2018



3 - L’Arbre de Vie  (43 tavole, dalla 87 alla 129)

Tintin ed.belga 43/84 (23/10/1984), 48/84 (27/11/1984) e 1/85 (01/01/1985)
Nouveau Tintin 476 (23/10/1984), 481 (27/11/1984), 486 (01/01/1985)
Album Histoires et légendes – Le Lombard 1985
Album Le Lombard 1993
Integrale Le Lombard 2007, Gazzetta dello Sport 2018


- L’albero della vita
Gli albi del West 59, Gazzetta dello Sport 2018



1 commento:

Keyser ha detto...

Complimenti per lo splendido articolo!
Lo proverò di sicuro, questo Red Road :)