Una
storia “bête et mechant” lunga 60 anni - prima parte
Desideriamo
parlare sulla storia di un gruppo di autori umoristici che con i loro periodici
pubblicati nel corso di sessant’anni hanno sconvolto il modo di fare giornalismo,
incidendo sui costumi della società francese e scrivendo, purtroppo, i loro
nomi nella Storia di Francia.
A
metà degli anni ’50, nella redazione della rivista satirica Zéro, venduta porta a porta, si incontrano
il direttore delle vendite Georges
Berniér e il caporedattore François
Cavanna.
L’equipe redazionale è composta da Fred Othon Aristidés, in arte Fred,
Jacques Lob, in arte Lob e Pellotsch. Poi il nome della
testata è cambiato in Les Cordées,
più rassicurante e meno sospetto per la polizia francese. Ma il cambiamento di
nome non piace a Cavanna, che
vorrebbe fare una rivista sul genere dello statunitense Mad Magazine, per parodiare la politica e la società francese
attraverso la bedé. A Cavanna si
presenta un diciassettenne che si firma Jiem,
in realtà si chiama Jean-Marc Reiser,
un artista prodigioso, purtroppo scomparso precocemente, e che sarà sempre
legato al caporedattore, considerato da lui quasi come un padre.
Cavanna espone, inutilmente, il suo
progetto alla nuova proprietaria di Cordées,
per cui con Fred decidono di fondare
una propria testata chiedendo aiuto a Berniér.
Dopo qualche tentennamento, nel maggio 1960 Berniér, che ha molta influenza sui venditori porta a porta, si
lancia anche lui in quell’avventura entrando nella nuova redazione, situata in
un suo locale in affitto, in rue Choron n.4, nel IX arrondissement. A questo
punto mancano i soldi e il titolo della pubblicazione. Ai soldi ci pensa Berniér, mentre il titolo è scelto da Cavanna, Hara-Kiri, breve e scioccante, un magazine che deve sovvertire i
canoni del giornalismo.
Le
diecimila copie del primo numero mensile sono distribuite porta a porta nel
settembre 1960 e nella sola Parigi. Diretta da Berniér, la rivista, in formato piccolo e più pratico, costa 1,90
franchi ed ha 64 pagine con testi in maggior parte scritti da Cavanna, anche sotto vari pseudonimi, e
disegni di Fred, Reiser, Lob, Pellotsch e Antoine
Raymond, in arte Vicq.
La
copertina che mostra un giapponese che compie il rituale suicidio è opera di
Fred, il quale disegnerà molte copertine di grande impatto grafico, rivelandosi
un vero artista, poco apprezzato, purtroppo, dagli editori italiani che non lo
hanno quasi mai degnato di attenzione. Peccato!
Dal
terzo numero il formato si allunga e arriva nelle edicole. Dal settimo la
rivista è sottotitolata, in maniera provocatrice e ironica, « journal bête et
méchant », parole riprese da Berniér
da una lettera di protesta di un lettore e che rimarranno come definizione
della politica editoriale della pubblicazione!
Tra
la fine del 1960 e l’inizio del 1962 la redazione si irrobustisce con
l’ingresso di Jean Cabut, in arte Cabu, Roland Topor, Georges
Wolinski e Georges Blondeaux, in
arte Gebé, i quali, con Fred e Reiser, fanno acquistare alla rivista satirica la potenza di fuoco
di una supercorazzata. I loro nomi sono nella storia della bedé e, purtroppo, non
solo in quella per due di loro.
Nel
1965 Fred e Topor abbandonano la rivista per motivi economici, subito
sostituiti dal belga Guy Pellaert,
dall’olandese Bernard Willem Holtrop,
in arte Willem, e dal giornalista
disegnatore Pierre Fournier. Ma
quello che dà una spinta alla redazione è l’ingresso nel 1967 di Henri Roussel, in arte Delfeil De Ton, uno dei redattori più
prolifici. Collaboratori saltuari sono Guy
Mouminoux, Raymond Queneau e un
giovane Jean Giraud, che si firma
per l’occasione Moebius, e scusate
se è poco.
La
redazione, quindi, è completa, manca solo un personaggio che sia l’espressione
vivente della “filosofia” scema e cattiva della rivista. E sarà lo stesso Berniér a impersonare questo
personaggio, il prof. Choron, dal
nome della strada. Vestito sempre con polo rosse, con il cranio rasato e con
perenne bocchino e sigaretta, sarà il simbolo vivente della rivista.
Nel
corso degli anni ’60 il giornale subisce cambiamenti in meglio: dall’iniziale
bianco e nero si passa al colore e si aggiungono fotografie per pubblicità e fotoromanzi
demenziali, anche erotici, chiedendo aiuto per questo alle stupende ballerine
del Crazy Horse.
Il
disegno, però, rimane la punta di diamante della pubblicazione, grazie ai nomi
citati sopra. Vedono la luce opere quali: Berck di Gébé,
Le Journal de
Catherine di Cabu, Le Bistrot d’Émile
e Hit-Parade
di Wolinski, Le Petit Cirque e Tarsinge, l’homme
Zan di Fred, Mon Papa
di Reiser e Pravda la Survireuse di Pellaert.
Per
molto tempo, per mancanza di sponsor, la tiratura è assestata sulle
sessantamila copie, affidandosi solo alla pubblicità nelle edicole. Poi, fortunatamente,
il giornale inizia a diventare un fatto di costume di cui si parla in tv e alla
radio, per cui le vendite salgono a 250 mila nel 1966.
Il
giornale cambia radicalmente il concetto di satira e umorismo nella stampa
francese. Pervaso da uno spirito fortemente anarcoide, si scatena contro ogni
autorità, ecclesiastica, militare, politica, padronale, familiare, scolastica. In
pratica gli autori hanno carta bianca, senza censure o tabù, ognuno è responsabile
di quello che scrive o disegna sulla propria pagina, scegliendo in autonomia
l’argomento di cui trattare. Cavanna
pone solo un limite ai suoi autori: niente calembours, gag, carognate e
allegorie.
Il
sesso, argomento molto di moda alla fine degli anni Sessanta, è trattato con
irriverente umorismo e leggerezza, soprattutto nelle bedé di Wolinski, anche mostrando foto di belle
ragazze nude in situazioni grottesche. E come non ricordare le copertine e i
disegni su irriverenti argomenti scatologici?
Non
è un giornale politico o eversivo, anche per la sua periodicità mensile che non
consente di stare dietro ai fatti dell’attualità, come invece riuscirà a fare
per un periodo di tempo il settimanale Pilote,
grazie anche al contributo di alcuni autori transfughi da Hara-Kiri.
Negli
anni Sessanta il giornale subisce sequestri e per due volte (nel 1961 e nel
1966) è vietata la sua vendita al pubblico per colpa della censura francese,
molto presente nell’epoca gollista, segno di un duro scontro fra “l’esprit
Hara-Kiri” e la morale pubblica.
Quando
riappare nelle edicole nel 1967, Berniér
fonda Les Éditions du Square. In
conseguenza dei lunghi sequestri, le vendite però calano quasi ai livelli
iniziali. Dal 1969 Reiser, Gebé, Cabu emigrano su Pilote,
settimanale Dargaud diretto da René Goscinny, o vi collaborano part
time, come Wolinski. Con il loro
arrivo, che rimpolpa la redazione già ricca di nomi eccellenti (Goscinny, Charlier, Uderzo, Fred, Giraud, Hubinon, Godard, Ribera e altri), il periodico Dargaud
diviene il più bel settimanale mai stampato in Francia.
Parte seconda: Da Hara-Kiri Hebdo a Charlie
1 commento:
Eccezionale!
Da amante di Giraud e di Fred (tra l'altro, l'autore del samurai sulla copertina del n. 1) conoscevo ovviamente a grandi linee la storia della rivista, ma un piccolo bignami come questo è molto ben accetto :D
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