venerdì 4 dicembre 2015

Tintin a Machu Picchu - terzaparte



Il tempio del sole è il seguito de Le sette sfere di cristallo, 14mo episodio della saga di Tintin, che si svolge in Perù. Come, a suo tempo, ha detto Hergé a proposito di Obiettivo Luna, che si trattava di una trasposizione a fumetti del saggio L’astronautique di Alexander Ananoff (Fayard, 1950), così Il tempio del sole sembra la trasposizione in BD del testo di Wiener, per gli spunti offerti dalle numerose incisioni contenute nel libro.
[Jean-Luc Planchet, Tintin et le secret de la momie, Revue d’archéologie moderne et archéologie générale, n.13,1999]



L’immagine della copertina si riferisce alla vignetta 45C3 e presenta Tintin, Haddock, Milù e Zorrino in una caverna davanti a due mummie rivestite con maschere ornate di piume. Le mummie sono simili a quella riprodotta nell’illustrazione del libro di Wiener, appartenente alla cultura precolombiana di Chancay, sviluppatasi nella costa centrale del Perù.


Ai piedi di Haddock c’è un vaso di terracotta per libagione con beccuccio a staffa tipico della civiltà Moche della costa settentrionale del Perù (II-VI  secolo d.C.), che raggiunse un alto grado di raffinatezza nell’arte ceramica amerindia.


Il particolare disegno decorativo sul vaso è ripreso da Hergé per i decori di due giare nella sala del tesoro nella vignetta 62A1.


Nel frontespizio l’autore ha disegnato centralmente una figura antropomorfa ritta su di un piedistallo, con in testa un copricapo a raggiera e nelle mani due bastoni del comando o vara.




È ripresa dall’incisione di un bassorilievo raffigurante Viracocha (Apu Qun Tiqsi Wiraqutra), il dio solare, situato nella Portada del Sol a Tiahuanaco in Bolivia (civiltà Tiwanacu sul lago Titicaca, estendentesi alle frontiere di Perù, Bolivia e Cile) riprodotta nel libro di Wiener. Con i due bastoni, o folgori, strette nelle mani Viracocha rappresentava una sintesi suprema dell’unione in un’unica realtà delle dualità sociali e cosmologiche in cui era suddiviso il mondo andino.


I nostri eroi sbarcano a Callao, il porto facente parte oggi dell’area metropolitana di Lima.
Indubbiamente in questo episodio di Tintin c’è un problema di location che lascia un poco perplessi i lettori più attenti. Innanzitutto perché l’autore posiziona lama e abitanti andini (quindi tipici dell’altipiano) in una località marittima, situazione oggi visibile nella capitale peruviana per scopi puramente turistici ma che forse all’epoca non c’era.

Poi nella vignetta 2A1, in cui l’azione si svolge a Lima, Hergé ha miscelato sapientemente tre  foto del reportage di Means, pubblicato sul National Geographic del febbraio 1938. Infatti ha disegnato sullo sfondo il portale del convento di Santo Domingo a Cusco (prima foto), costruito dagli invasori spagnoli sullo splendido Corikancha, cioè il vero Tempio del Sole inca quasi interamente distrutto; in primo piano ha posizionato una donna peruviana con un bimbo in fasce sulle spalle e con un particolare cappello a scodella (seconda foto), la quale lavora con un fuso mentre cammina (terza foto). L’atteggiamento della donna dimostra un aspetto basilare della cultura inca, infatti la prima delle tre leggi imperiali inca era “Non oziare”, mentre le altre due erano “Non rubare” e “Non mentire”: più semplice di così!


Le tre leggi sono sinteticamente simbolizzate nella Chakana, la croce andina che riunisce tutta la cosmogonia inca, divenuta oggi un simbolo del Perù.


Nelle zone andine meno colpite dalla globalizzazione occidentale, come sulle isole del lago Titicaca, il lago più alto nel mondo, non è raro incontrare ancora oggi giovani, adulti e anziani di ambo i sessi che lavorano con fusi mentre camminano o mentre sono seduti al sole, fedeli a quel precetto inca.


Sul precetto “Non rubare”, sull’isola Taquile del lago suddetti i contadini ricordano che chi commetteva un furto era allontanato dalla comunità e abbandonato al proprio destino su una imbarcazione.


L’incontro fra Haddock e i lama nel corso del racconto accredita l’attacco sputo di questi animali verso chi li disturba.



Da turisti si può essere anche testimoni involontari di “assalti” di lama. In un posto di ristoro sull’altipiano fra Arequipa e Chivay, un simpatico camelide, attirato dal rumore dei pullman turistici e dall’odore del cibo, dopo aver frugato inutilmente in cerca di cibo fra i bidoni della spazzatura si è avvicinato a un tavolo all’aperto dove stavano pranzando dei turisti italiani, che bevevano infusi di foglie di coca contro il soroche. Scacciato malamente dalla proprietaria, il povero lama, indispettito, ha scalciato e sputacchiato senza un bersaglio preciso, fra le risate dei presenti per l’inaspettato spettacolo.



Dell’avventuroso trenino con locomotiva a vapore che sale, ripreso dal libro di Wiener, protagonista della lunga sequenza dell’attentato ordito contro Tintin e Haddock nelle tavole n.13-15 non c’è più traccia, sostituito da un moderno Inca Rail nella splendida tratta Ollantaytambo-Aguas Ardientes.

La città di Jauga, citata nelle tavole 17-20, rimanda a immagini della città di Puno a 800 km di distanza. In realtà l’esatta ortografia del nome è Jauja, solo che Hergé ha ricopiato il nome errato scritto da Jacobs sugli schizzi.




Nelle tavole n.22-23 i nostri eroi riposano in un’abitazione che risulta essere una chullpa, tomba tipica della cultura preincaica Aymara, presente nel bellissimo sito archeologico di Sillustani, vicino Puno, sulle sponde del lago Umayo, anche questa ripresa dal libro di Wiener. Da sottolineare che anche in questo caso l’autore belga ha dimostrato una scarsa conoscenza sulle credenze del popolo andino perché, al contrario di Zorrino, un vero peruviano non avrebbe mai e poi mai dormito in una chullpa!


La scena del condor che artiglia Milou nella tavola n. 28 ha forse una inesattezza zoologica, perché il condor, stupendo volatile andino simbolo del Perù, ritenuto dagli Incas un messaggero sacro degli dei per la sua capacità di raggiungere un’altitudine di 8000 m, nelle zampe non ha artigli per artigliare; è un animale fondamentalmente necroforo, infatti con i suoi simili spinge la preda prescelta (lama, pecora o altro) verso i tanti precipizi andini per poi cibarsi comodamente delle sue carni. Vederli salire volteggiando maestosamente nel silenzio del Cañon del Colca (4160 m) è un’esperienza indimenticabile e imperdibile per qualsiasi turista.



Nella tavola n.45 i nostri eroi scoprono un altro vaso Mochica a staffa con volto umano e le due mummie, già presenti nella copertina, tutti ripresi dal libro di Wiener. Quel volto dallo sguardo fisso e minaccioso che esce dalla roccia aggiunge un tocco inquietante al racconto!


Nella tavola n. 47 i nostri eroi penetrano nel salone del Tempio del Sole interrompendo una cerimonia inca. Il salone presenta fregi dorati e il rilievo di Viracocha tipici della cultura Tiahuanaco, fuori luogo in un edificio inca. I costumi dei presenti sono copiati da quelli imprecisi del pittore americano Herget.



Nella vignetta 56B2 si vedono i protagonisti trascinati ai pali del sacrificio. Lo spiazzo sembra quello centrale di Machu Picchu, con una costruzione tondeggiante disegnata in alto simile al vero Templo del Sol della cittadella inca, molto più piccolo di quello immaginato da Hergé. La riproduzione del muro sullo sfondo delle vignette seguenti sembra quello ciclopico della misteriosa cittadella di Sacsayhuaman, vicino Cusco.

La vignetta 57D1 è ripresa dalle illustrazioni di Herget. I guerrieri disegnati da Hergé hanno copricapi Mochica, anteriori agli Incas e uniformi tipicamente inca!


La trovata  dell’eclisse, ripresa dal romanzo L’Épouse du soleil di Gaston Leroux, in effetti ha un piccolo errore, messo in evidenza da una lettera di uno studente ad Hergé, in cui il giovane ha asserito che, tenuto conto che l’azione si svolge nell’emisfero sud, l’eclisse avrebbe dovuto svilupparsi in senso inverso a quello illustrato dall’artista.

Nell’ultima tavola (n.62), i gioielli che sporgono dalla prima giara sono ripresi dal libro di Wiener e la città, presumibilmente Cusco, in realtà è La Paz, capitale della Bolivia, ripresa da un’incisione del libro di Conrad de Meyendorff.


A dispetto delle molte inesattezze etno-archeologiche citate e dei suoi 70 anni di vita, grazie alla fantasiosa inventiva di Hergé, Il Tempio del Sole rimane a tutt’oggi la più affascinante e gradevole storia a fumetti mai realizzata sull’epoca precolombiana, degna di stare fra le opere letterarie sul Perù e da consigliare anche ai non tintinofili.

Le tavole e le vignette che illustrano il post sono tratte da un'edizione della storia trovata a Machu Pichu, ovviamente in spagnolo!
































3 commenti:

Gianfranco Goria ha detto...

Bello! Quindi segnalato subito su afNews, naturalmente. :-)
http://www.afnews.info/wordpress/2015/12/04/tintin-a-machu-picchu-terzaparte/

Gianfranco Goria ha detto...

Dimenticavo, scusa, ci sono anche le foto di cui parlavi. :-)
http://www.afnews.info/wordpress/2015/12/04/tintin-a-machu-picchu-terzaparte/

Sauro Pennacchioli ha detto...

Gianfri, segnali su afNews anche il mio post su Tintin?

http://sauropennacchioli.blogspot.it/2015/10/il-filonazismo-di-tintin.html

E' nolto bello!