Abominevole,
disumanizzante, doloroso, vergognoso, odioso, atroce, mostruoso, inaudito, non
ci sono aggettivi sufficienti a descrivere l’orrore psicologico, fisico e
morale subito dalle popolazioni ebree negli Anni Trenta e Quaranta da parte del
nazismo e il senso di sbigottimento di noi venuti dopo nel vedere cosa è
successo in quegli anni in Europa.
Ghetti, deportazioni, soluzione finale, campi
di sterminio, einsatzgruppen SS, sonderkommando, Ziklon B, olocausto, genocidio
sono parole che oggi sembrano non dire niente ai più giovani, ma all’epoca sono
state il risultato di un’aberrazione mentale di un gruppo di pazzi che si
ritenevano una razza superiore destinata a comandare per sempre su tutti gli
altri uomini.
La
letteratura, la saggistica, i film, i documentari storici e i fumetti
sull’ascesa e sulla caduta di Adolf Hitler e sui suoi accoliti sono
innumerevoli, riempirebbero una biblioteca di Alessandria, e continuano a
essere prodotti a distanza di settant’anni dalla fine della guerra.
Un fatto che
sottolinea come ancora oggi non ci si riesca a spiegare come tutto ciò sia
potuto accadere nell’indifferenza più totale.
Per tale motivo l’ONU ha scelto
di onorare la ricorrenza del 27 gennaio 1945, quando i soldati dell’Armata
Rossa liberarono i pochi sopravvissuti nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau,
dichiarandolo il Giorno della Memoria, per ricordare lo sterminio degli ebrei.
Chi
ha modo di visitare la città di Berlino può scoprire un museo ebraico che
toglie il fiato al visitatore, per le sue opere strutturali e di scultura
moderne, che riescono a trasmettere il senso di angoscia provato da tutto un
popolo di fronte all’insensato sterminio nazista.
E
nei fumetti come è vista la cosa? A parte le geniali opere di Will Eisner e Art Spiegelman (Maus) si
parla poco di questo evento storico. Invece, proprio nel mese di gennaio, Mondadori Comics ha presentato il n.75
della collana Historica, intitolato La Brigata ebraica,
di Marvano, firma che nasce dall’unione
delle lettere iniziali del nome del suo autore, Mark Van Oppen, edita in tre volumi da Dargaud Benelux, e il quarto numero di Historica Special intitolato Auschwitz, di Pascal
Croci edito da Groupepaquet.
Quindi due bedé dedicate alla questione ebraica durante il secondo conflitto.
Auschwitz è un racconto, crudo, che fa riflettere, in cui Marvano ha voluto narrare, documentandosi, naturalmente, la vita in quel luogo di inferno, volutamente disegnato dall’autore belga con una grafia che cerca di trasmettere al lettore tutto l’angoscioso orrore di quel maledetto campo di sterminio, e, dobbiamo ammettere che ci riesce perfettamente.
In coda al volume un dossier con un'intervista all'autore, schizzi e studi dei personaggi e delle tavole. La storia è angosciante tanto quanto il Maus di Spiegelman e graffia l’animo del lettore nella medesima maniera.
Il
volume 75 di Historica narra di un
fatto storico poco noto, la costituzione da parte degli inglesi di corpi
speciali composti da volontari ebrei provenienti dal Medio Oriente, che si sono
battuti contro i nazisti, anche contro l’Afrikakorps del generale Erwin Rommel.
Il Jewish Infantry Brigade Group,
creato nel 1943 agli ordini del generale canadese Ernest F. Benjamin, partecipò anche alle battaglie della campagna
d’Italia, risalendo lo Stivale come qualsiasi altro corpo alleato.
Però
all’azione prettamente militare associava una propria azione di supporto e
assistenza alle comunità ebraiche e ai profughi sopravvissuti alle persecuzioni
e perfino di regolamento dei conti con i colpevoli di atti efferati nei
confronti degli ebrei.
Il racconto dimostra che quegli uomini e donne
contribuirono a formare il nucleo dello Tsahal, l’esercito del nascente stato israeliano,
trasferendo la loro ferrea volontà di resistere ai nazisti anche contro gli
eserciti arabi, che li attaccheranno dal 1948 fino alla Guerra dei Sei Giorni (1967).
Nel secondo volume del trittico, a un
certo punto spunta un maggiore britannico, di cui non si sa il nome ma il cui
viso con barba rossa è quello del prof.
Mortimer, un clin d’œil? Non sappiamo.
Insomma,
due bedé per non dimenticare!